In un’Italia continuamente distratta su temi completamente secondari, priva di politici in grado di tenere testa al regime violento della finanza internazionale, non desta stupore il silenzio assordante sulle ultime vergognose dichiarazioni di Tito Boeri.
Il Presidente dell’INPS ha nello specifico dichiarato circa lo stop progressivo all’aumento dell’età pensionabile: “E’ pericolosissimo toccare questo meccanismo, perché può avere sia effetti in avanti che all’indietro. Le generazioni che hanno già vissuto questo adeguamento, per esempio con l’adeguamento dell’età pensionabile di quattro mesi nel 2016, o prima ancora, di tre mesi nel 2013, direbbero: ma perché noi abbiamo dovuto pagare? E poi, guardando ancora più avanti, avremmo un ulteriore aggravio di spesa pensionistica che noi stimiamo in 141 miliardi di euro”. Ed ancora “questo stop all’aumento progressivo dell’età pensionabile non è neanche nell’interesse dei lavoratori più deboli; perché se possono andare in pensione prima, sappiamo che saranno i datori di lavoro stessi a spingersi a ritirarsi prima, e a quel punto uscirebbero con delle pensioni più basse, perché col sistema contributivo più si lavora, più i trattamenti aumentano” ed infine l’ultima stoccata ai pensionati italiani: “se uno percepisce la pensione più a lungo perché si vive più a lungo è giusto anche che contribuisca più a lungo al sistema, altrimenti il sistema non riesce a reggere”.
Difficile sia mantenere la continenza espositiva difronte a queste affermazioni criminali, sia scegliere da dove partire per confutare le menzogne di Boeri. Ma cominciamo con l’ultima affermazione, quella sul fatto che si vive più a lungo.
Il dato è clamorosamente falso. L’austerità economica che va avanti dal 1995, data in cui l’Italia ha iniziato le politiche di avanzo primario senza soluzione di continuità (ovvero il Paese tassa ogni anno più di quanto spende impoverendoci tutti), oggi impedisce a tanti cittadini di accedere a cure ed esami con la conseguenza che, come certificato dall’ISTAT nel 2015, per la prima volta dopo decenni, la durata media della vita è scesa. Non ci sono prospettive che l’aumento di aspettativa di vita registrato in passato dunque possa proseguire, anzi.
Veniamo poi al tema dell’aggravio di spesa pubblica per maggiori costi pensionistici. Sfatiamo il mito numero uno della propaganda di questa dittatura finanziaria: le pensioni non sono un costo per la collettività ma una delle ricchezze più importanti.
La spesa pubblica è la principale componente positiva del PIL, ogni euro di spesa pubblica, nella peggiore delle ipotesi, è automaticamente un euro di PIL. Ma ovviamente la moneta circola e conseguentemente per ogni euro di spesa pubblica il PIL sale in misura maggiore ad uno. Ovviamente affinché questo effetto moltiplicatore si verifichi occorre che la spesa pubblica non si accantoni nei risparmi di chi la riceve ma venga spesa in consumi di beni o servizi. Non esiste voce di spesa più efficace da questo punto di vista delle pensioni. Infatti avendo il pensionato la certezza di un’entrata fissa la spende senza timori, dunque tenderà ad avere una propensione marginale al consumo talmente elevata da rendere difficile trovare risultati simili con qualsivoglia altra voce di spesa pubblica.
Più pensioni significano automaticamente maggiori consumi, persino con le attuali politiche di avanzo primario, proprio in virtù di criteri di ottimizzazione delle spesa pubblica complessiva in base alla propensione marginale di cui vi dicevo. In sostanza anche a parità di moneta (oggi scarsa) la miglior ridistribuzione con conseguente maggiore circolazione ha effetti benefici a livello macroeconomico.
Ovviamente a monte di tutto c’è poi il fatto che uno Stato “normale”, ovvero nel possesso di quelle sovranità senza le quali neppure può essere considerato Stato, non ha alcun limite precostituito di spesa. In tale contesto le pensioni possono essere pagate, come ovvio e come volutamente dimentica Boeri, senza alcuna copertura. Diventano uno dei modi migliori per immettere moneta fresca nell’economia espandendo la domanda aggregata laddove vi è, come oggi, l’esigenza macroeconomica di farlo. L’Italia sconta una rarefazione monetaria forzata (manca moneta nell’economia reale) imposta dalle norme giuridiche dei noti trattati europei. Dunque non vi è alcuna emergenza atta a comprimere i diritti costituzionali dei pensionati, casomai sussiste l’esigenza opposta ovvero quella di abbassare l’età pensionabile per tutti ed alzare le pensioni stesse consentendo maggiori consumi.
Una simile politica invisa a Boeri consentirebbe sia la ripresa dell’economia italiana, che sconta almeno la mancanza di 200 miliardi nell’economia reale secondo le stime più prudenti e basate sull’andamento dell’aumento della base monetaria ante austerità (ricordate sempre che più cresce un’economia più necessità di maggiore quantità di moneta complessiva per il suo funzionamento), che la riduzione del rapporto complessivo tra debito e pil, ammesso e non concesso ovviamente che questo debba davvero importare a qualcuno. Paradossalmente dunque, anche tenendo per buoni gli assurdi vincoli europei, ci sono maggiori probabilità di rispettarli con politiche espansive che con politiche di austerità.
L’ignoranza o la malafede di Boeri è davvero immensa. Ed in ogni caso andrebbe rimosso dal suo ruolo, essendo impensabile che il Presidente INPS ignori le basi della macroeconomia e spacci per un debito della collettività la spesa pubblica pensionistica, che invece rappresenta una delle più importanti fonti di credito per ogni cittadino italiano.
Anche in questo caso non credo che la popolazione, per colpa di media spesso collusi con i poteri finanziari, abbiano gli strumenti culturali per comprendere l’assurdità di simili forme di becera propaganda. Alla fine, come da desiderio messo nero su bianco nel libro “L’Aver de la Vie” da Jaques Attali (economista e mentore di Macron), si arriverà a spingere gli anziani al suicidio per ragioni economiche, “eliminare la vita se troppo costosa”.
Questo è il liberismo, questa è l’UE, questo è l’euro… ed attenzione perché l’attacco alla spesa pubblica oggi è globale, dalle pensioni alla sanità, passando per la giustizia, la sicurezza e l’istruzione, dove ad esempio i tagli di personale sono stati mascherati in questi giorni inserendoli attraverso la riduzione della durata delle scuole superiori che passerà da cinque a soli quattro anni.
P.S. ma il Giappone con il suo debito/pil al 250% non doveva fallire a breve? Capre!
Avv. Marco Mori, autore de “Il tramonto della democrazia analisi giuridica della genesi di una dittatura europea”, disponibile on line sul sito ibs.
E neanche “le future generazioni”, a me sembra, c’entrano un fico secco con le pensioni; se i Governi non fanno politiche per creare un lavoro serio, a tempo indeterminato e con stipendi adeguati, è chiaro che la relativa pensione non sarà che misera; mica è colpa delle precedenti generazioni che avevano solo la normalità, un lavoro e relativa pensione strapagata, mica un privilegio! Per quanto riguarda il debito, la colpa dello stesso non sarà certo per le pensioni dato che, in Italia, i contributi versati sono i più alti del mondo. Non c’è nesso di causa ed effetto tra pensioni, debito e futuro dei giovani; io ho l’impressione che, questa che a me sembra confusione tra cose che non riesco a vedere collegate tra loro, serva solo a innescare una guerra tra poveri: “Dividi et impera!”.
Sembra quasi che le pensioni siano considerate “spesa dello Stato” invece che restituzione di quanto versato come contributi dal lavoratore e di sua proprietà esclusiva, come i soldi che una persona depositi per quaranta anni in Banca; vi sembrerebbe normale se, al prelievo, un Direttore di Banca iniziasse a far problemi al depositante dicendo che, se il cliente titolare del conto preleva, la Banca avrebbe difficoltà nei conti? Le pensioni col debito non c’entrano un fico secco, sono solo facili da penalizzare. Uno Stato di diritto che non onori i contratti pensionistici stipulati coi lavoratori, cambiandoli in corso d’opera unilateralmente, a mio parere, manda un cattivo messaggio ai cittadini che potrebbero perdere la fiducia nelle istituzioni.
Per non contare la recessione che si crea nel penalizzare, o anche solo spaventare, i pensionati che, per paura, non spendono più.
E, poi, perché nessuno parla mai del TFR posposto di due e quattro anni, se va bene, quando spetterebbe al momento del licenziamento o pensionamento? Anche quelli sono soldi del lavoratore, non dell’INPS o dello Stato!
NON HO OFFESO NESSUNO. ALLORA E’ VERO CHE C’E’LA CENSURA,. DITELO UNA VOLTA PER TUTTE CHE SIAMO IN DITTATURA
QUESTO ESSERE E’ UN ALLIEVO DI MASTROPASQUA. QUANTE CARICHE RICOPRE?
Grandiosa disquisizione macroeconomica peccato che i media collusi non diffondano queste preziose informazioni a un popolo ignorante. I politici almeno quelli non di sinistra dovrebbero parlarne. Dove stanno?
Un’altro uscito dalla Bocconi come Monti end. Compani? Ma la finiamo o no di seminare panico.
Pienamente d’accordo !
Egr. Avv.to, grazie per tutto ciò che sta facendo per questo povero paese….
Ritengo che le pensioni non sono pagate con soldi pubblici, ma sono il “contributo” forzato che lo stato ha prelevato dai non dipendenti, o fatto prelevare dai datori di lavoro per i dipendenti sin dal primo giorno di lavoro, per poi “restituirli” alla fine della carriera lavorativa…. La contatterò a breve su un’iniziativa che sto preparando su questo argomento. Grazie !