Robert Kennedy fu ministro delle giustizia durante la presidenza del fratello John. Morì assassinato nel 1968 all’indomani della sua vittoria nelle elezioni primarie per le presidenziali in California e Dakota del Sud.
Di lui mi ha sempre colpito questo straordinario discorso sul PIL, pronunciato solo tre mesi prima di morire, un discorso di attualità straordinaria:
“Con troppa insistenza e troppo a lungo, sembra che abbiamo rinunciato alla eccellenza personale e ai valori della comunità, in favore del mero accumulo di beni terreni. Il nostro Pil ha superato 800 miliardi di dollari l’anno, ma quel PIL – se giudichiamo gli USA in base ad esso – comprende anche l’inquinamento dell’aria, la pubblicità per le sigarette e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana. Il Pil mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende il fucile di Whitman e il coltello di Speck, ed i programmi televisivi che esaltano la violenza al fine di vendere giocattoli ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Comprende le auto blindate della polizia per fronteggiare le rivolte urbane. Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori famigliari o l’intelligenza del nostro dibattere. Il Pil non misura né la nostra arguzia, né il nostro coraggio, né la nostra saggezza, né la nostra conoscenza, né la nostra compassione, né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in poche parole, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani“.
Se i Kennedy non fossero stati assassinati forse il mondo sarebbe stato un posto migliore ed il liberismo non avrebbe trionfato garantendo un’equa distribuzione di risorse e ricchezze. Le parole di Robert sono peraltro l’esplicazione della ratio dell’art. 4 della nostra Costituzione laddove il dovere in capo ad ogni cittadino di contribuire con il lavoro al progresso della nazione non si limita affatto al solo progresso materiale, l’unico che il PIL misura, ma anche a quello spirituale. Peraltro dando pari dignità ai due aspetti.
Ma veniamo alla cronaca di questi giorni. Il governo, ma anche tanti cittadini comuni, hanno brindato alla crescita del nostro PIL parlando di svolta ed inizio della ripresa. In realtà i dati della disoccupazione restano allarmanti (senza contare l’aumento di lavoratori precari) e chiunque svolga un’attività professionale a contatto con il pubblico si rende perfettamente conto che la situazione non sta minimamente migliorando, come ovvio in assenza di politiche espansive.
Le diseguaglianze reddituali sono sempre più accentuate e la ricchezza che “cresce” in verità è solo quella che finisce nelle mani di pochi Paperoni. Nei Tribunali le aule in cui si svolgono le procedure esecutive restano le uniche davvero affollate.
Le politiche di distruzione della domanda interna, volte alla riduzione dei prezzi per aumentare le esportazioni, inaugurate dal manipolo di criminali del governo Monti, hanno poi creato le condizioni per la crescita delle sole imprese che si dedicano all’export attraverso la riduzione dei salari reali. Il dato del PIL che cresce (ammesso e non concesso che il dato sia attendibile dato il modo in cui i componenti dell’Istat vengono nominati), proprio come ricordava Robert Kennedy non misura alcunché dello stato di salute della nostra società. Ricordiamoci poi che paradossalmente l’ISIS ha creato un maggior afflusso di turismo nel nostro Paese contribuendo a falsare il dato complessivo. L’estate 2017 è stata infatti un’estate record da questo punto di vista trainata però, e questo la dice lunga sulla situazione economica degli italiani, unicamente dal maggior afflusso di stranieri.
Serve un cambio di paradigma, la radicale trasformazione del nostro modello socio-economico, occorre mettere fine a quei grandi accentramenti di capitale che ormai sono diventati un potere politico, che non avendo altro fine del profitto, travolgono la nostra intera società. Non c’è sul tavolo solo l’uscita da euro ed UE (peraltro ormai abbandonata da tutti i partiti di “falsa” opposizione come m5s e Lega), ma il superamento di un’ideologia criminale, il liberismo.
Il capitalismo ha fallito, prendiamone atto prima che sia tardi e guardiamo alla nostra Costituzione del 1948 per tracciare, grazie al suo modello economico, la giusta rotta per il nostro futuro. Chi non prende questa linea è un’ignorante (e allora si può salvare con la conoscenza) oppure un collaborazionista (dunque va punito).
Avv. Marco Mori, CasaPound Italia, autore de “Il tramonto della democrazia, analisi giuridica della genesi di una dittatura europea” disponibile on line su ibs