In data 22 aprile 2013 iniziava il secondo mandato alla presidenza della Repubblica di Giorgio Napolitano. Mai in precedenza si era verificato un caso di rielezione e dunque non e’ affatto ultroneo domandarsi se si e’ trattato di uno strappo Costituzionale oppure di atto pienamente legittimo.
Tale rielezione purtroppo e’ avvenuta nella quasi totale assenza di dibattito sul punto e la situazione oggi e’ assai confusa, anche perché gli articoli sul tema sono stati spesso connotati da ragionamenti di carattere ideologico che poco hanno a che fare con il diritto. Per amore di verità e’ comunque indubbio che la scelta di rieleggere Napolitano e’ stata legata alla sua cieca fede europeista, fede che lo ha spinto addirittura ad invocare cessioni di sovranità, atto certamente incostituzionale (su questo non vi possono essere dubbi). Insomma Napolitano e’ un Presidente che ha perseguito e persegue il fine unico di smantellare lo Stato. Ma ovviamente le ragioni della rielezione non incidono sulla legittimità formale della stessa.
La valutazione tecnica che mi appresto a fare dunque prescinde dal giudizio complessivo, necessariamente pessimo, che qualsiasi giurista in buona fede o anche solo mediamente informato, deve dare sull’attuale Presidente.
L’art. 85 Cost., primo comma, prevede: “Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni“. Nessuna menzione viene fatta in merito all’eventuale possibilità di un secondo mandato che dunque non può essere considerato aprioristicamente consentito, ma neppure altrettanto aprioristicamente vietato.
La tesi della non rieleggibilità trova effettivamente supporto dalla piana lettura di alcuni verbali dell’Assemblea Costituente, nonché dalla ratio complessiva dell’assetto costituzionale vigente, con particolare riferimento alla forma Repubblicana dello Stato.
In data 19 dicembre 1946 la seconda sottocommissione trattava specificatamente della durata del mandato presidenziale; fu un’ampia discussione posto che si temeva che il periodo di sette anni fosse addirittura troppo lungo per gli assetti istituzionali e ciò alla luce della particolare figura di garanzia necessariamente super partes che svolge il Presidente della Repubblica, garanzia che trova riflesso anche nelle conseguenti immunità che non hanno nulla in comune con qualsiasi altra carica dello Stato. Inoltre i padri costituenti erano ovviamente preoccupati di rispettare la forma Repubblicana del nostro Stato che, a loro avviso, mal si sarebbe conciliata con un Presidente che potesse rimanere in carica per molti anni.
Per una migliore comprensione e’ utile la lettura di un passaggio del dibattito:
Lami Starnuti propone la formula: «è eletto per sette anni e non è rieleggibile», ad impedire che si apra la via ad una politica a carattere personale del Presidente.
Bordon propone di ridurre la durata in carica da sette a cinque anni.
Lussu concorda con l’onorevole Bordon.
Fuschini obietta che il Senato è eletto per sei anni e, se il termine venisse ridotto, lo stesso Senato eleggerebbe due volte il Presidente della Repubblica.
Il Presidente Terracini pone ai voti la proposta di ridurre la durata in carica del Presidente della Repubblica a cinque anni.
(Non è approvato).
Pone ai voti la durata della carica in sei anni.
(Non è approvata).
Pone in votazione la formula:
«Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.
(È approvata).
Mette ai voti il seguente emendamento aggiuntivo:
«e non è rieleggibile».
(È approvato).
Rossi Paolo ritiene che dovrebbe prendersi in considerazione la possibilità della rielezione dopo un certo periodo.
Il Presidente Terracini oppone che, nella formula che è stata approvata, è implicito il criterio che non possa essere mai rieletto.
Fuschini propone di far precedere la parola: «rieleggibile», dall’altra: «immediatamente», per prevedere l’ipotesi accennata dall’onorevole Rossi. Domanda se l’attuale Presidente provvisorio rientri in questa disposizione.
Il Presidente Terracini fa osservare che l’onorevole De Nicola non ha neanche il titolo di Presidente della Repubblica, bensì quello di «Capo provvisorio dello Stato». Comunque, propone che si faccia risultare dal verbale che la Sezione è unanime nel ritenere che il principio approvato non abbia alcun riferimento con il Capo provvisorio dello Stato.
(Così rimane stabilito).
Pone ai voti la proposta dell’onorevole Fuschini di far precedere la parola: «rieleggibile» dall’altra: «immediatamente».
(non approvata)
Dunque, in seno alla sottocommissione, e’ indiscutibile che l’interpretazione autentica della norma fosse per la non rieleggibilità (addirittura espressamente approvata). Un mandato di durata ben superiore ai sette anni previsti era considerato circostanza non accettabile alla luce della peculiarità istituzionale della carica e, come detto, della stessa forma Repubblicana della Stato. Altresì la sottocommissione, come specificato, riteneva che la formulazione letterale dell’art. 85 Cost., perfettamente analoga a quella oggi in vigore, comprendesse effettivamente il divieto implicito alla rielezione, essendo la durata della carica stabilità in via perentoria.
Il testo definitivo dell’art. 85 Cost. fu poi approvato dall’Assemblea Costituente il 22 ottobre 1947. Tuttavia le osservazioni fino ad ora esposte non possono trovare piena conferma nei verbali a corredo dell’approvazione finale della norma. A prescindere dalla profonda disistima che si può legittimamente avere per l’attuale Presidente, non e’ possibile negare in toto che la tesi della rieleggibilità sia ampiamente argomentabile, fermo restando che e’ di manifesta inopportunità alla luce degli equilibri istituzionali e della forma repubblicana della Stato.
Durante la seduta infatti fu nuovamente riproposto l’emendamento per la non rieleggibilità, ma stavolta fu rinunciato. Altrettanto accade per quello diretto a consentire la rieleggibilità per una sola volta. La natura implicita del divieto di rielezione potrebbe essere ancora argomentabile ma oggettivamente non ha il supporto manifesto che aveva dalla lettura dei verbali della sottocommissione; leggiamo il verbale:
Presidente Terracini. A questo articolo gli onorevoli Caronia e Aldisio hanno presentato il seguente emendamento:
«Sostituire il primo comma col seguente:
«Il Presidente della Repubblica viene eletto per sei anni e può essere consecutivamente rieletto non più di una volta».
Non essendo presenti, si intende che abbiano rinunziato a svolgerlo.
L’onorevole Lami Starnuti ha presentato il seguente emendamento:
«Al primo comma, dopo le parole: per sette anni, aggiungere: e non è rieleggibile».
Ha facoltà di svolgerlo.
Lami Starnuti. Rinunzio all’emendamento.
Presidente Terracini. Sta bene.
La non rieleggibilità, se esistente, e’ dunque rimasta sostanzialmente implicita come previsto nel dibattito della sottocommissione e troverebbe conferma nella natura Repubblicana del nostro Stato. D’altrocanto l’opinione del Presidente Terracini era già stata esplicitata (appunto laddove disse che il divieto di rielezione era implicito e dunque non serviva inserirlo nell’articolo), pertanto non stupisce il suo consenso al mancato inserimento espresso della non rieleggibilità.
Tuttavia, in conclusione, la non rieleggibilità, con una simile verbalizzazione, resta ancora sostenibile ma non assurge più a quel rango di certezza sufficiente per considerare manifestamente illegittima la decisione del Parlamento.
Si può pertanto parlare unicamente di un atto fortemente inopportuno per una Repubblica Parlamentare ma non già di una manifesta violazione del dato Costituzionale. Sarebbe necessaria una riforma sul punto per dissipare i dubbi interpretativi che probabilmente sono stati volutamente lasciati dai costituenti per logiche squisitamente politiche.
Non a caso i dubbi in materia erano e sono tali che, già nel 1963, il Presidente della Repubblica Segni propose l’inserimento del divieto di rielezione in Costituzione, proposta che restò lettera morta aprendo purtroppo definitivamente le porte alla potenziale rielezione del Presidente.
Oggi tale dubbio interpretativo ci ha purtroppo regalato un secondo mandato per colui che ha dedicato il suo incarico alla cancellazione della sovranità nazionale, ma la salvezza del paese passa per ben altre questioni.
Diverso e più interessante invece e’ il tema legato alla declaratoria di incostituzionalità della legge elettorale ed alle sue conseguenze che ho trattato in questo articolo (clicca qui per leggerlo).