La Francia, paese duramente colpito dagli effetti dell’austerità imposta dall’UE, ha fatto sapere che non rispetterà il parametro del 3% per il rapporto fra il disavanzo pubblico, previsto o effettivo, ed il prodotto interno lordo ai prezzi di mercato (PIL).
Tale parametro è stato istituito nel Protocollo 12 “Sulla procedura per i disavanzi eccessivi” allegato ai Trattati UE. L’art. 126 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (versione consolidata) tuttavia prevede alcune ipotesi in cui sia possibile sforare tale vincolo quando: “il rapporto non sia diminuito in modo sostanziale e continuo e abbia raggiunto un livello che si avvicina al valore di riferimento oppure, in alternativa, il superamento del valore di riferimento sia solo eccezionale e temporaneo ed il rapporto resti vicino al valore di riferimento”.
Tale norma dunque lascia un margine di manovra agli Stati quando si e’ in presenza di una situazione di carattere eccezionale quale, ad esempio, una congiuntura economica sfavorevole. Sapete bene che chi scrive è completamente contrario al vincolo del 3% posto che lo stesso, obbligando gli Stati a cospicui avanzi primari, comporta la riduzione matematica della base monetaria circolante con le disastrose conseguenze economiche che oggi tutti vediamo. Il rispetto del vincolo del 3% è la ragione della malattia e non certo la cura.
Ma a questo punto ci chiediamo, quanto fatto dalla Francia è legittimo? Certamente il tenore letterale dell’art. 126 citato induce a ritenere non certa l’illegittimità di un discostamento temporaneo dettato dall’assenza di crescita economica, crescita ottenibile solo con investimenti. Quindi in sostanza la Francia ben potrebbe affermare che sforare il vincolo del 3% per uno o due anni possa consentire una crescita del PIL atta a migliorare la situazione complessiva dei conti pubblici e che lo sforamento e’ appunto eccezionale e temporaneo in forza degli eventi economici sfavorevoli. La tesi è plausibile e dunque vedremo le decisioni che prenderà l’UE che, in conformità con la normativa europea, potrebbe non condividere e dunque sanzionare la Francia.
In ogni caso tale situazione apre potenzialmente un dibattito infinito. Ferma l’evidente disparità di trattamento tra i vari paesi il dibattito può arrivare fino a minare alla base i vincoli di bilancio UE. Infatti, se si sostiene che sforare il limite può migliorare i conti pubblici nel lungo periodo, allora si finisce per ammettere che è il limite stesso ad essere il problema. Limite che addirittura sarà ulteriormente abbassato allo 0,5% a causa dell’approvazione del six pack, two pack e del cosiddetto Fiscal Compact ovvero il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria. Se l’Europa già muore oggi cosa accadrà con il nuovo parametro e con l’obbligo dal 2016 di ridurre il debito complessivo entro il 60% del PIL nei prossimi venti anni?
Non si può dunque non ammettere che non solo la Francia sfrutta il tenore letterale dei Trattati a proprio vantaggio ma altresì finisce con il provocare necessariamente l’apertura di un dibattito sulle ragioni di simili vincoli, compreso quello citato della riduzione del rapporto debito PIL nella misura del 60%. Finalmente si potrebbe rammentare che altri paesi seguono politiche diametralmente opposte (Giappone ed USA) e, proprio per tale ragione, crescono a ritmi notevoli malgrado debiti molto più alti di quello italiano.
La Francia dunque compie non solo un’azione apparentemente legale ma finisce per introdurre il tema della contestazione dell’essenza dei Trattati. Non manca chi vede in questa operazione una manovra per allontanare lo spettro (per l’UE) dell’ascesa del Fronte Nazionale di Marie Le Pen ma resta il fatto che, se anche la ragione fosse questa (è possibile), sarà difficile nascondere alla gente che ad un maggior deficit corrisponde una maggiore crescita. Questo potrebbe cambiare tutto nell’opinione pubblica e chi vuole un sistema diverso non può che sperarlo.
Ma come diceva Padoan “La Francia è la Francia”. Chissà Padoan forse ricordava anche il fatto che la Francia è l’unico Stato aderente all’Euro che può emettere moneta sovrana nella Nuova Caledonia, nella Polinesia Francese e a Wallis e Futuna e ciò alle condizioni fissate dalla sua legislazione sovrana con diritto esclusivo a decidere la parità del franco. Insomma la Francia conserva ancora una fetta non indifferente di sovranità, sovranità che invece noi abbiamo perso in violazione degli artt. 1 ed 11 Cost.
Aggiungo anche sul tema la mia intervista su intelligonews: clicca qui