Il tema “sanità” è stato più volte sfiorato nei miei articoli e nelle mie conferenze. Per quanto non ami trattare di materie su cui non ho una preparazione specifica, non possono omettere di effettuare alcune considerazioni di carattere generale su un argomento così importante e delicato.
La prima e più radicale ovvietà, che tuttavia è assente nel dibattito dominante, è certamente quella che profitto e salute non sono minimamente compatibili. Laddove un privato si occupa di salute non è certamente il malato ad essere al centro della sua attività d’impresa. L’obiettivo è chiaramente, come in ogni altra attività commerciale, quello di raggiungere il maggior profitto possibile.
La nostra Costituzione, come ho più volte spiegato, subordina espressamente l’iniziativa privata all’utilità sociale (art. 41 Cost.) e specificatamente, per quanto riguarda la salute, riconosce alla Repubblica il fondamentale ruolo di tutela della stessa (art. 32 Cost.). La forza dello Stato nella sanità è negli anni evaporata gradualmente a causa del dominio, sempre più netto, di società private che hanno nei fatti monopolizzato, in primis, la ricerca. Pare francamente incredibile che spesso non si rifletta, o addirittura non si comprenda neppure se sollecitati al dibattito, che una cura che debellasse definitivamente una malattia con un’unica somministrazione, non sarà mai compatibile con il bilancio di una casa farmaceutica. In sostanza se si guadagnano miliardi sul trattamento di malattie croniche o cronicizzate (non uso volutamente il termine “cura”), non esiste ragione al mondo per ricercare un qualcosa che risolva il problema definitivamente.
Questo non è complottismo, ma la normale logica di ogni business. Va tutto bene finché si tratta di commercializzare beni o servizi superflui, in settori privi di un preminente interesse pubblico, ma quando si toccano invece campi che si intrecciano con i diritti inalienabili dell’uomo il problema si crea, ed è un problema davvero gigantesco. La messa in commercio di un farmaco, da parte di un’impresa avente scopo di lucro, è ovviamente legata in primo luogo alla sua resa economica e solo in via subordinata alla sua maggiore efficacia. Infatti se pur è evidente che una casa farmaceutica commetterebbe reato se cercasse di danneggiarci, occorre anche tenere a mente che nessuna legge le può imporre su quali tipi di ricerche investire. Dunque la ricerca va solo dove vi è la possibilità di massimizzare il profitto.
Complottismo in definitiva è, casomai, pensare che una multinazionale decida di rinunciare a miliardi di utili o addirittura si metta a rischio fallimento, per commercializzare un farmaco da cosiddetto “one shot”. Ovvero un trattamento di una patologia che comporta un unico e risolutivo intervento medico. Certamente gli enormi sforzi di ricerca delle case farmaceutiche hanno aumentato nel corso degli anni la vita media, anche negare questo sarebbe complottismo, ma quanto fatto è molto meno di quanto si sarebbe potuto fare in forza delle nuove possibilità tecnologiche e scientifiche. La ricerca medica privata è l’emblema dell’inefficienza.
Se fosse stato il settore pubblico a mettere sul piatto lo stesso sforzo in termini di mezzi ed uomini, oggi il progresso della medicina sarebbe stato al di là di ogni immaginazione. Quando infatti lo sforzo dei singoli è diretto, coordinato e controllato verso il pubblico interesse, il progresso che ne consegue è innumerevoli volte più rapido di quando è affidato alle leggi di mercato, che altro non sono che la mera deregolamentazione della nostra società. La nostra storia, benché si faccia di tutto per non ammetterlo, è piena di dimostrazioni in tal senso. Lo sforzo bellico della seconda guerra mondiale né è uno degli esempi recenti più evidenti.
Nei pochi anni di conflitto il progresso scientifico è stato straordinario e questo semplicemente perché durante esso lo sforzo produttivo delle nazioni coinvolte era diretto, controllato e coordinato da un’unica regia, ovviamente quella dello Stato, il quale per perseguire un obiettivo indirizzò e coordinò a tale fine ogni sforzo individuale. La guerra così portò a scoperte tecnologiche sensazionali. In fase post bellica lo sforzo consentì ad esempio addirittura all’uomo di iniziare la corsa allo spazio, grazie all’invenzione del motore a reazione. Se tale capacità fosse stata impiegata a fini di pace, anziché diretta al conflitto, non ci sarebbero stati limiti al livello tecnologico che avremmo potuto raggiungere in pochi decenni. Invece è innegabile che da allora il progresso c’è stato unicamente laddove vi è un margine per una resa economica importante, dimenticando tutto il resto. Utilizziamo addirittura gli stessi combustibili fossili del secolo scorso, perché superarli causerebbe una danno economico a chi, proprio in forza del conseguente potere politico che deriva dalla ricchezza, ha la forza di influenzare, quando non di imporre direttamente, le scelte di governo.
Purtroppo oggi gli interessi di questi poteri hanno addirittura spinto a demonizzare pubblicamente lo Stato e la sua capacità produttiva. Un’abile strategia mediatica ha distorto la percezione delle masse che oggi vedono nel pubblico unicamente sprechi e tasse. Questo è avvenuto appunto perché i privati, che avevano raggiunto un maggior livello di ricchezza, e dunque appunto di potere, vedevano nel settore pubblico un concorrente insuperabile, che ne limitava i margini di profitto e soprattutto d’influenza politica.
Lo Stato infatti, se è tale, non ha limiti finanziari e non è vincolato a logiche di profitto, può gestire qualsiasi settore anche in perdita economica secca, a patto ovviamente di avere il controllo della propria moneta ovviamente. Mano a mano che si sono convinti gli Stati, attraverso un fenomeno di corruzione sistemica, dovuto alle ragioni esposte, ad abbandonare la sovranità monetaria, essi sono stati retrocessi al livello di qualsivoglia soggetto privato. Così è stato semplice, per esigenze di liquidità, convincere le nazioni ad abbandonare quei settori in cui grandi gruppi economici privati avevano ampio spazio di profitto.
E’ di stretta attualità sul punto il drammatico report di Goldman Sachs, citato proprio oggi da alcune fonti di stampa, dopo il primo rilancio compiuto ad opera dell’emittente CNBC.
In esso testualmente si legge che: “La possibilità di somministrare una “cura one shot” è uno degli aspetti più attraenti della terapia genica (omissis…). Tuttavia tali trattamenti offrono una prospettiva molto diversa per quanto riguarda i guadagni, se confrontato con i guadagni che ci sono nelle terapie croniche (omissis…). Se questa possibilità rappresenta un enorme valore per i pazienti e per la società, può rappresentare una sfida difficile per coloro che sviluppano medicine basate sulla genetica e cercano guadagni”.
In sostanza, sviluppare farmaci che guariscono i pazienti non è conveniente, ergo la ricerca medica va nella direzione opposta a quella più adatta alla tutela della salute. Una ricerca che cura i sintomi ma lascia intatte le malattie, questo è il massimo del business possibile nel comparto sanità. Ecco perché oggi, ad esempio, stavolta voglio entrare un filo più nello specifico, il tumore resta a tutti gli effetti, contrariamente a quanto vi raccontano superficialmente sempre certi media, una malattia completamente incurabile (salvi i casi di rimozione chirurgica totale). I trattamenti chemioterapici, quantomeno nei pazienti inoperabili, puntano unicamente a cronicizzare la malattia per il maggior tempo possibile, poiché solo così il conseguente business diviene letteralmente immenso. Non si parla infatti di guarigione neppure nelle statistiche specifiche, ma solamente di anni di sopravvivenza. Non vi è nessuna possibilità che la cura dei tumori sia approfondita nella direzione “one shot”, salvo che non sia lo Stato a tornare ad occuparsene diventando concorrente diretto delle lobby farmaceutiche.
Non a caso ogni trattamento terapeutico “alternativo”, benché la chemioterapia, com’è evidente anche solo guardandosi intorno, non funzioni affatto bene, è osteggiato addirittura dalla stampa. Questo avviene nonostante vi siano molti studi che dimostrano risultati incoraggianti da terapie “alternative”, ma visto che non garantiscono i medesimi margini di profitto, non sono approfonditi dalle case farmaceutiche. Un esempio di terapia antitumorale alternativa molto diffuso, trattato in vari articoli scientifici, è quello della somministrazione nei pazienti per via endovenosa di vitamina C in altissimi dosaggi. Ma ovviamente la vitamina C non rende come i chemioterapici e non è un argomento di interesse delle multinazionali.
Scriveva sul punto la rivista Focus già il 6 febbraio 2014: “Alla fine degli anni ’70, Linus Pauling, due volte vincitore del premio Nobel (omissis…) sosteneva che alte dosi di acido ascorbico, altro nome del composto, erano in grado di prevenire e trattare molti tipi di tumore (omissis…). Nel nuovo studio, Qi Chen e colleghi dell’University of Kansas hanno prima esaminato l’effetto dell’acido ascorbico in laboratorio su linee cellulari di vari tumori (su cui hanno dimostrato un effetto tossico), poi l’hanno somministrato per via endovenosa e a dosi altissime, tra dieci e cento volte superiori a quelle normalmente presenti nell’organismo, a topi a cui erano stati indotti tumori (omissis…). Negli animali alla cui chemioterapia era stata aggiunta la vitamina C i tumori si sono ridotti assai di più di quelli sottoposti alla chemioterapia”.
Il test è stato ripetuto su esseri umani sempre con buoni risultati, e altrettanto buone sembrano essere le esperienze di chi oggi, in tutta Italia, si cura proprio così. L’articolo su Focus si concludeva già allora con queste amarissime considerazioni: “Gli scienziati ipotizzano che la vitamina C somministrata in vena ad alte dosi agisca in realtà proprio come ossidante, cioè aiuti le sostanze chemioterapiche nell’opera di danneggiamento delle cellule tumorali, risparmiando però quelle sane. Interrogativi che andrebbero sciolti con altri studi. Il problema è chi potrebbe essere interessato a finanziarli, dato che la vitamina C costa poco e non è brevettabile. L’unica è che, come chiedono gli autori dello studio, entrino in gioco enti pubblici”.
Correva il 6 febbraio 2014 e a quanto è dato sapere non risulta che alcun Paese abbia finanziato studi di questo genere, studi che rischierebbero di mettere in ginocchio i bilanci di alcune delle più note multinazionali del farmaco. E gli esempi potrebbero essere innumerevoli e ben oltre il problema delle mere cure antitumorali. Ma in definitiva, a prescindere dall’esempio appena riportato, ciò che davvero conta è che la ricerca sia finalmente liberata da logiche di profitto ed allora potremmo finalmente avere progresso. Tutto questo richiede il riscatto della sovranità nazionale ed in particolare il ritorno alla sovranità monetaria. Il controllo dell’emissione della moneta da parte di privati è infatti la leva con cui arrivare a controllare successivamente ogni altro settore, la leva per controllare le nostre vite, sostituendo una nuova forma di oligarchia alle attuali decadenti democrazie. Se la nostra civiltà sopravviverà anche a questa fase, evitando catastrofici conflitti, sarà davvero interessante leggere un domani quale sarà l’analisi degli storici sulla nostra epoca.
Dedico questo articolo a mio Padre Adriano, venuto prematuramente a mancare per un male che resterà certamente incurabile fino a quando la ricerca non tornerà ad essere prerogativa di Stato (niente condoglianze nei commenti a questo articolo, commentate solo il merito, vi ringrazio).
Riprendiamoci le nostre maledette chiavi di casa!
Avv. Marco Mori autore de “La morte della Repubblica” edito Altaforte e de “Il tramonto della democrazia”, edito Agorà & Co.
Articolo interessantissimo che evidenzia con chiarezza che il potere che proviene dal guadagno ignora totalmente la sofferenza e la morte dell’essere umano. lo Stato ormai succube delle multinazionali vergognosamente non reagisce. Una forma di olocausto in nome del Dio denaro.
La pensò proprio come te da tanti anni, in particolare modo da quando hanno fatto di tutto per distruggere un grandioso Di Bella.
Mi raccomando, io metto la mail, spero non venga utilizzata per fini pubblicitari. Grazie
Ottimo articolo ma continuo a non capire come si possano investire risorse illimitate in qualsivoglia settore. Non ci sono solo limiti di liquidità ma anche di risorse, se metto un numero illimitato di risorse e persone a lavorare nella ricerca medica magari lo sottraggo a attività più importanti e faccio morire di fame la gente
Esatto il limite è il mondo reale, non quello virtuale.
Perfetto disamina della situazione “ricerca ” ai ns giorni. Concordo pienamente in tutto. Grazie avv Mori per le informazioni che sempre ci vuole divulgare
Come sempre ineceppibile.
Poco da aggiungere, solo un messaggio d’amore forse :
Il mondo sarebbe molto più bello se fosse abitato da un essere pacifico, e non malvagio.
Le soddisfazioni dovute a grandi scoperte in molti campi scientifici , ci condurrebbero a vivere da Dei.
Consiglio un vecchio libro di stefan denaerde , ho incontrato gli extraterrestri.
argomentazione plausibile anche per un’incompetente al mio pari.
Eccellente Dr. Mori
Che vuoi che Ti dica, carissimo Marco?
Al solito… il pupo esiste e fa il suo lavoro.
E gli riesce solo perchè miliardi di pecore non si coalizzano per massacrarlo…
P.S.: ho lavorato 15 anni in ambito farmaceutico.
È perfino PEGGIO di quel che indichi Tu…
Che dire, come al solito la tua analisi è lucida e profonda. Purtroppo come ho già detto altre volte, lor signori sono riusciti nel loro intento, cioè quello di formare una popolazione di pecore, il famoso effetto gregge tanto usato in campo sanitario.
Quindi, il risultato è che le persone hanno demandato il pensare a queste brave personcine, ci pensano loro a cucinarci per benino.
Bisognerebbe risvegliare le coscienze per ribellarci a questa strisciante tirannia mascherata da democrazia.
Un saluto e continua così, sei tutti NOI.
Salve ,
sono una farmacista che durante la sua carriera , ne ha viste di tutti i colori . Non credo piu´ nella medicina ufficiale e nei farmaci , per quanto descritto sopra. Ma riflettendo su tutto cio´, penso che la salute dei cittadini sia in primis , resposabilita´degli stessi a mantenersi in salute finche´ce l´hanno . Non si puo´pretendere che la sanita´ pubblica e privata , guarisca malattie provocate da stili di vita malsani . Cio´ detto , certo che molte malattie andrebbero curate seriamente dalla sanita´ pubblica che finanziamo noi tutti con i nostri contributi . Ma finche´ vedro´ ambulatori pieni di gente che va dal medico , come un tempo andava dal prete per avere un po´ di ascolto ; finche´ vedro´i pronto soccorso degli ospedali pieni di gente che si e´fatta un graffio o ha provocato un incidente perche´ ubriaca ecc… togliendo tempo e spazio a chi e´ malato grave ; mi convinco sempre piu´che dobbiamo essere noi a prenderci cura di noi stessi . Prevenire e´ sempre meglio che curare , perche´ spesso e´gia´ troppo tardi . Per quanti secoli l´umanita´ha fatto a meno dei milioni di farmaci che abbiamo oggi che ci rendono sempre piu´ deboli e malati ? Come ha fatto il genere umano a sopravvivere senza tutti i farmaci che abbiamo oggi ? Anche la Peste nera e la Spagnola che hanno dimezzato la popolazione europea , non hanno ucciso tutti , perche´ , senza prendere farmaci dalla nascita , il sistema immunitario era forte e sviluppava gli anticorpi meglio di vaccini e sieri , che creano disastri nel nostro organismo , ma moltissimi profitti alle case farmaceutiche .
Stessa sorte capitò a mio papà, che se ne andò a soli 61 anni (tumore alle ghiandole linfatiche)… 🙁 Se a 30 rimasi senza padre, lo devo alle massonerie (anche questo!)… >:o Complimenti per il Tuo brillantissimo articolo, che per logica condivido in pieno, che mi premurerò di copiare sulla mia bacheca e d’ inviarlo a chi ritengo abbia il piacere di volerne esserne informato. E soprattutto GRAZIE, di dedicarci il Tuo tempo libero, da impegni forensi di avvocatura. Con grande ammirazione, Ti porgo i miei più cari saluti. <3
Ottimo articolo, grazie avvocato Mori