Il dado è tratto.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia lancia il guanto di sfida all’obbligo vaccinale con un’ordinanza del 16 marzo 2022 che non potrà che mettere in grandissima difficoltà la pur politicizzata Corte Costituzionale.
Occorreva sfidare la Consulta sulle motivazioni, rendendo così difficile una sentenza “di comodo” in favore dell’esecutivo da parte dei suoi componenti politicamente più vicini, quale ad esempio il Presidente Giuliano Amato.
Su questo aspetto quanto compiuto dal Consiglio di Giustizia Amministrativa è veramente il massimo che si poteva sperare.
Rendiamo ovviamente anche grande merito al Collega Vincenzo Sparti e al Collega Roberto De Petro, avvocati del ricorrente sospeso, per lo strepitoso risultato ottenuto.
Ma esaminiamo la lunga ordinanza, ben 53 pagine, di cui in questo articolo evidenziamo con soddisfazione i passaggi fondamentali.
L’ordinanza colpisce la formulazione originaria del DL 44/2021, la norma che per prima aveva imposto l’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari. Impeccabile anche il modo con cui questa ordinanza è stata preparata.
Con precedente provvedimento del gennaio 2022 infatti il CGA aveva disposto approfondimenti istruttori, affidati ad un collegio composto dal Segretario generale del Ministero della Salute, dal Presidente del Consiglio Superiore della Sanità operante presso il Ministero della Salute e dal Direttore della Direzione generale di prevenzione sanitaria, con facoltà di delega.
Preliminarmente il Consiglio si è soffermato sulla giurisprudenza della Corte Costituzionale in materia di vaccinazioni obbligatorie: “l’art. 32 Cost. postula il necessario contemperamento del diritto alla salute della singola persona (anche nel suo contenuto di libertà di cura) con il coesistente e reciproco diritto delle altre persone e con l’interesse della collettività. In particolare, la Corte ha precisato che – ferma la necessità che l’obbligo vaccinale sia imposto con legge – la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost. alle seguenti condizioni:
– se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri;
– se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze “che appaiano normali e, pertanto, tollerabili”;
– e se, nell’ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria (Corte cost., sentenze n. 258 del 1994 e n. 307 del 1990) (…).
In particolare, come affermato dalla sentenza 22 giugno 1990, n. 307, la costituzionalità degli interventi normativi che dispongano l’obbligatorietà di determinati trattamenti sanitari (nel caso di specie si trattava del vaccino antipolio) risulta subordinata al rispetto dei seguenti requisiti:
“il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interessi della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute quale diritto fondamentale.
…un trattamento sanitario può essere imposto solo nella previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenza, che, per la temporaneità e scarsa entità, appaiono normali di ogni intervento sanitario, e pertanto tollerabili”.
Tali principi ovviamente sono stati poi valutati dal Collegio alla stregua delle risultanze dell’istruttoria svolta.
Mentre da un lato nell’ordinanza si considera una certa efficacia dei vaccini nel prevenire quantomeno le forme severe del virus, sono state rilevate criticità costituzionali in riferimento alla problematica degli eventi avversi, esattamente come da tempo in molti sostenevano.
Il CGA ha rilevato in particolare come di dati che emergono dal rapporto AIFA relativo ai vaccini covid sono ben diversi da quelli relativi agli altri vaccini attualmente in uso.
E su questo la pronuncia è davvero tranciante: “(…) nel febbraio 2022 è stato pubblicato dall’AIFA il rapporto annuale sulla sicurezza dei vaccini anti Covid-19. I dati che emergono dalla consultazione del rapporto (richiamato anche nella relazione istruttoria), e dal confronto tra lo stesso ed il rapporto vaccini 2020 (non citato nella richiamata relazione, ma facilmente visionabile dal medesimo sito web dell’AIFA), evidenziano, infatti, una situazione ben diversa. Il Rapporto Vaccini 2020 descrive le attività di cd. vaccinovigilanza condotte in Italia dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e con il Gruppo di Lavoro per la vaccinovigilanza. Tali attività consistono nel monitoraggio e nella valutazione delle segnalazioni di sospette reazioni avverse ai vaccini. Ebbene, dall’esame di tale rapporto si evidenzia che, rispetto al totale delle dosi totali somministrate in Italia di vaccini (sia obbligatori che raccomandati: Esavalenti , Tetravalente, Trivalente, Antipneumococcici, Anti-rotavirus , Antimeningococco, MPR-MPRV-V e Anti-papillomavirus), nel 2020 sono state inserite nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza complessivamente 5.396 segnalazioni di sospetti eventi avversi a vaccini, pari a 17,9 segnalazioni ogni 100.000 dosi somministrate, delle quali solo 1,9 costituiscono segnalazioni gravi. Invece, dall’esame del “Rapporto annuale sulla sicurezza dei vaccini antiCOVID-19” (i cui dati essenziali vengono riportati nella relazione istruttoria, pagg. 13 e ss.) emerge che “complessivamente, durante il primo anno dell’attuale campagna vaccinale, sono state inserite, nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza, 117.920 segnalazioni di sospetto evento avverso, successivo alla vaccinazione, su un totale di 108.530.987 dosi di vaccino, con un tasso di segnalazione di 109 segnalazioni ogni 100.000 dosi somministrate,…., con un tasso di 17,6 eventi gravi ogni 100.000 dosi somministrate”.
Come risulta evidente, non solo il numero di eventi avversi da vaccini anti SARS-COV-2 è superiore alla “media… degli eventi avversi già registrati per le vaccinazioni obbligatorie in uso da anni”, ma lo è di diversi ordini di grandezza (109 segnalazioni, a fronte di 17,9, e con un tasso di 17,6 eventi gravi ogni 100.000 dosi somministrate, a fronte di un tasso 1,9 segnalazioni gravi). Le emergenze istruttorie suggeriscono, quindi, una rivisitazione degli orientamenti giurisprudenziali fin qui espressi sulla base di dati ormai superati”.
Altrettanto allarmanti i dati della farmacovigilanza europea che il CGA cita: “la raccolta dei dati che emergono dalla consultazione della banca dati europea (EudraVigilance, facilmente accessibile attraverso il sito AIFA) permette di rilevare che a fine gennaio 2022 risultavano somministrati in ambito EU/EEA 570 milioni di dosi (ciclo completo e booster) del vaccino Cominarty (BioNTech and Pfizer), in relazione al quale esultano acquisite 582.074 segnalazioni di eventi avversi, dei quali 7.023 con esito fatale; quanto al vaccino Vaxzevria (AstraZeneca), a fronte di 69 milioni di dosi si registravano 244.603 segnalazioni di eventi avversi, dei quali 1447 con esito fatale; quanto al vaccino Spikevax (Moderna), a fronte di 139 milioni di dosi risultavano segnalati 150.807 eventi avversi, dei quali 834 con esito fatale; quanto al Covid-19 Vaccine Janssen, a fronte di 19 milioni di dosi risultavano 40.766 segnalazioni, delle quali 279 con esito fatale. Indubbiamente, la maggior parte degli effetti collaterali, elencati nel data base, evidenziano sintomi modesti e transitori; gli eventi avversi più seri comprendono disordini e patologie a carico dei sistemi circolatorio (tra cui trombosi, ischemie, trombocitopenie immuni), linfatico, cardiovascolare (incluse miocarditi), endocrino, del sistema immunitario, dei tessuti connettivo e muscolo-scheletrico, del sistema nervoso, renale, respiratorio; neoplasie. Nel novero di tale elencazione rientrano, evidentemente, anche patologie gravi, tali da compromettere, in alcuni casi irreversibilmente, lo stato di salute del soggetto vaccinato, cagionandone l’invalidità o, nei casi più sfortunati, decesso.
È, quindi, da dubitarsi che farmaci a carico dei quali si stiano raccogliendo segnalazioni su tali effetti collaterali soddisfino il parametro costituzionale sopra richiamato.
Vero è che le reazioni gravi costituiscono una minima parte degli eventi avversi complessivamente segnalati; ma il criterio posto dalla Corte costituzionale in tema di trattamento sanitario obbligatorio non pare lasciare spazio ad una valutazione di tipo quantitativo, escludendosi la legittimità dell’imposizione di obbligo vaccinale mediante preparati i cui effetti sullo stato di salute dei vaccinati superino la soglia della normale tollerabilità, il che non pare lasciare spazio all’ammissione di eventi avversi gravi e fatali, purché pochi in rapporto alla popolazione vaccinata, criterio che, oltretutto, implicherebbe delicati profili etici (ad esempio, a chi spetti individuare la percentuale di cittadini “sacrificabili”)”.
Davvero una pronuncia chiarissima.
Ulteriori aspetti di criticità vengono poi significati per quanto concerne il consenso informato, l’inadeguatezza della vigilanza meramente passiva, l’assenza di accertamenti approfonditi sulle persone nella fase di triage pre-vaccinale.
Il CGA quindi formula i quesiti posti all’attenzione della Corte Costituzione che davvero non si vede come potrà non rilevarne la fondatezza (salvo appunto che la politica batta e il diritto):
“Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, – (…), dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale: a) dell’art. 4, commi 1 e 2, del d.l. n. 44/2021 (convertito in l. n. 76/2021), nella parte in cui prevede, da un lato l’obbligo vaccinale per il personale sanitario e, dall’altro lato, per effetto dell’inadempimento all’obbligo vaccinale, la sospensione dall’esercizio delle professioni sanitarie, per contrasto con gli artt. 3, 4, 32, 33, 34, 97 della Costituzione, sotto il profilo che il numero di eventi avversi, la inadeguatezza della farmacovigilanza passiva e attiva, il mancato coinvolgimento dei medici di famiglia nel triage pre-vaccinale e comunque la mancanza nella fase di triage di approfonditi accertamenti e persino di test di positività/negatività al Covid non consentono di ritenere soddisfatta, allo stadio attuale di sviluppo dei vaccini antiCovid e delle evidenze scientifiche, la condizione, posta dalla Corte costituzionale, di legittimità di un vaccino obbligatorio solo se, tra l’altro, si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze “che appaiano normali e, pertanto, tollerabili”;
b) dell’art.1 della l. 217/2019, nella parte in cui non prevede l’espressa esclusione dalla sottoscrizione del consenso informato delle ipotesi di trattamenti sanitari obbligatori, e dell’art. 4, del d.l. n. 44/2021, nella parte in cui non esclude l’onere di sottoscrizione del consenso informato nel caso di vaccinazione obbligatoria, per contrasto con gli artt. 3 e 21 della Costituzione;
– sospende il presente giudizio ai sensi dell’art. 79 comma 1 c.p.a.; – dispone, a cura della Segreteria del C.G.A.R.S., l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
– rinvia ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese di lite all’esito del giudizio incidentale promosso con la presente ordinanza. Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della Segreteria del C.G.A.R.S., a tutte le parti in causa, e che sia comunicata al Presidente del Consiglio dei ministri, al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati”.
La partita è più aperta che mai e per l’esecutivo la situazione è diventata davvero molto complessa alla luce delle conseguenze che avrebbe la declaratoria di incostituzionalità, con milioni di persone che hanno perso il lavoro e altre che si sono fatte somministrare un trattamento che non volevano solo perché ricattate con la minaccia violenta della perdita della retribuzione, indispensabile per sostentarsi.
E dati alla mano, qualche cittadino ricattato, ha subito gravi conseguenze o ha perso la vita.
Marco Mori