Lug 23

Ricorso contro la sospensione dal lavoro di sanitario contrario alla vaccinazione Covid.

Per la comodità anche dei Colleghi impegnati in prima linea contro il nuovo nazismo sanitario che Draghi impone a nome e per conto degli interessi dei poteri economici che serve, metto a disposizione di tutti il primo ricorso che ho redatto per un Cliente in materia. Vi aggiornerò degli sviluppi della causa.

Nel caso di specie la sospensione è stata introdotta aggirando la procedura speciale e utilizzando il volgare trucco dell’inidoneità da parte del medico competente. Ho comunque sviluppato anche l’eccezione di incostituzionalità dell’obbligo che spero possa esserVi utile.

TRIBUNALE CIVILE DI GENOVA

SEZIONE LAVORO

RICORSO ex artt. 414 e segg. c.p.c.

Nell’interesse (….) ed ai fini del presente atto elettivamente domiciliata in Rapallo (GE), C.so Mameli 98/4A, presso lo studio e la persona dell’Avv. Marco Mori (C.F.: MRO MRC 78P29 H183L – Tel e Fax: 0185.231221 – Pec studiolegalemarcomori@pec.it) che la rappresenta e difende giusta delega in calce al presente atto.

PREMESSO IN FATTO CHE

1) la ricorrente è stata assunta (….);

2) (…)

3) Nell’ambito dell’attività presso la suddetta associazione alla (…) veniva intimato di procedere alla vaccinazione sperimentale relativa alla protezione dal ormai ben noto Covid;

4) Stante il rifiuto dell’esponente di ricevere la somministrazione di un farmaco sperimentale (soggetto per tale ragione a mera autorizzazione condizionata da parte della Commissione Europea), il datore di lavoro anticipava di qualche giorno la visita di idoneità da parte del medico competente di cui al D.Lgs. 81/2008., idoneità che il Dott. (….) negava proprio sul presupposto della mancata vaccinazione e ciò in data 4 maggio 2021 (doc. 2);

5) A seguito della declaratoria di inidoneità la (…) sospendeva la ricorrente fino al termine dell’emergenza sanitaria con missiva 3 giugno 2021 e ciò senza neppure valutare se le mansioni della stessa rientrassero effettivamente nell’obbligo o se fosse possibile adibirla ad attività diverse (doc. 3);

6) L’esponente contestava formalmente la decisione presa dal datore in data 15 giugno 2021 a mezzo di posta elettronica certificata (doc. 4)

7) Come noto con decreto legge n. 44 del 1 aprile 2021 e successiva legge di conversione (L. n. 76/2021) il vaccino sperimentale è stato reso obbligatorio, quale requisito essenziale per lo svolgimento dell’attività lavorativa, per “gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario”;

8) Tale normativa speciale, fermi gli evidenti profili di manifesta incostituzionalità di cui si dirà infra, prevede una specifica procedura volta alla verifica dell’avvenuta vaccinazione o delle ragioni di esenzione della stessa, attribuendone i relativi poteri unicamente in capo alla ASL. Solo all’esito di detta procedura la ASL e solo la ASL può procedere alla sospensione del sanitario o dell’operatore di interesse sanitario non vaccinato;

9) Solo successivamente alla comunicazione della ASL il datore di lavoro, in base alla citata normativa, ha il compito di valutare la possibilità di adibire a diversa mansione il dipendente e solo in caso negativo sospenderlo fino al termine della campagna vaccinale e comunque entro e non oltre il 31.12.2021 con provvedimento ad hoc, pertanto la sospensione fino al termine dell’emergenza sanitaria è in ogni caso abnorme rispetto alla normativa vigente;

10) Il datore di lavoro, nelle more della procedura suindicata, e dunque fino a che allo stesso non fosse pervenuta la sospensione da parte del soggetto legittimato a definire l’iter amministrativo (appunto la ASL) non aveva neppure titolo di richiedere informazioni sullo stato vaccinale al dipendente in riferimento al Covid, essendo dati ultrasensibili che solo la normativa suindicata ha inteso rendere disponibili obbligatoriamente ed unicamente proprio all’amministrazione titolata a svolgere la procedura di verifica;

11) La sospensione comminata all’esponente è dunque radicalmente illegittima per violazione della procedura prevista dall’art. 4 D.L. 44/2021 come successivamente convertito dalla Legge 28 maggio 2021 n. 76.

IN DIRITTO

Ad avviso di questa difesa nel presente giudizio la questione di legittimità costituzionale del DL n. 44/2021, come convertito con L. 76/2021, non è rilevante ai fini della decisione benché si sottopone in ogni caso formalmente a codesta Autorità Giudiziaria la questione per violazione quantomeno degli art. 2, 3 e 32 Cost.

La presente vicenda può infatti trovare definizione anche all’interno della normativa in esame, poiché la sospensione per cui è causa è stata comminata in violazione della procedura prevista dall’art. 4 del suindicato DL che costituisce norma speciale rispetto al D.Lgs. 81/2008, ovvero il testo unico sulla salute e sulla sicurezza sul lavoro.

Il datore di lavoro, in base alla procedura del citato art. 4, non può sospendere un dipendente se non vi è stata prima la conclusione in tal senso con emissione del relativo provvedimento da parte della ASL, tantomeno può aggirare la procedura attraverso la visita medica di idoneità utilizzando la diversa normativa sopracitata.

Anzi né il medico competente, né il datore di lavoro hanno diritto di sapere alcunché circa lo stato vaccinale del dipendente, essendo tale informazione coperta dal diritto alla privacy, la cui deroga eccezionale (trasmissione dei dati dei dipendenti anche senza il loro consenso) è regolata unicamente dalla legge speciale di cui si è detto.

La legge speciale tra l’altro prevede casi di esenzione alla vaccinazione, ad esempio per ragioni mediche, che il datore di lavoro non è in alcun modo tenuto a conoscere. In tali casi il datore non saprà mai se la dipendente è vaccinata o invece fa parte di chi è esentato ex lege.

Per cui secondo la procedura il datore deve solo prendere atto dell’eventuale sospensione comminata dalla ASL competente (se e quando essa dovesse sopraggiungere) per poi valutare se è possibile adibire la dipendente a mansioni diverse che non comportino contatti diretti con il pubblico ovvero a sospenderla. Peraltro nel caso di specie il datore non ha neppure rispettato tale passaggio procedurale, omettendo, nella missiva di sospensiva, di specificare che non vi fossero mansioni a cui adibire la ricorrente.

Inoltre, e si tratta di un’ulteriore violazione di legge, la sospensione è stata disposta per una durata superiore a quella prevista dalla legge ovvero fino al termine dell’emergenza sanitaria, anziché fino al termine della campagna vaccinale e comunque non oltre il 31.12.2021.

L’iter procedimentale previsto non consente interpretazioni alternative.

Riepilogando quindi i compiti di gestione sono demandati alla ASL territorialmente competente per residenza dell’operatore sanitario ed in particolare ai Servizi di Igiene e Salute Pubblica.

L’intervento del medico competente in suddetta materia non è compatibile con il ruolo di titolare dei dati dei vaccinati che appunto non gli compete, dati coperti da privacy.

Ne consegue che non è ipotizzabile per il medico competente un ruolo di esecutore materiale della procedura suindicata che è attribuito espressamente dalla norma speciale ad altri soggetti.

Il medico competente in merito alla vaccinazione covid dunque non poteva e non doveva trasmettere al datore di lavoro le informazioni sul punto assunte dal dipendente, non essendo autorizzato al trattamento dei dati. Dipendente che ovviamente non era neppure tenuto a fornirgliele.

D’altronde mentre il medico competente tutela la salute del lavoratore il DL. 44/2021 tutelerebbe, almeno nelle dichiarate intenzioni del legislatore, la sanità pubblica da lì anche la differenziazione delle due procedure.

Pertanto alla violazione della procedura amministrativa segue l’illegittimità della sospensione comminata da parte del datore di lavoro con obbligo in capo alla stesso di reintegrare il dipendente sul posto di lavoro e di risarcirlo per il danno patito, ovvero delle retribuzione perdute dal 24 maggio 2021 alla data dell’effettiva reintegra (doc. 5).

* * *

-In merito all’incostituzionalità del D.L. 44/2021 e della Legge di conversione n. 76/2021.

Qualora l’Ill.mo Giudicante non aderisse a quanto sopra esposto circa l’illegittimità della sospensione comminata alla ricorrente per violazione dell’art. 4 D.L. 44/2021 come successivamente convertito, si chiede fin d’ora che sia dichiarata non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della medesima norma per violazione degli artt. 2, 3 e 32 Cost.

La giurisprudenza costituzionale in merito all’obbligo di trattamenti sanitari può dirsi consolidata su due principi di fondo da ultimo riassunti nella sentenza n. 5/2018.

Il trattamento può essere imposto a patto che sia efficace non solo per se stessi ma anche per gli altri (aspetto non oggetto di contestazione nel giudizio oggetto della pronuncia costituzionale) ed a patto che esso non sia pericoloso per l’individuo che subisce il trattamento visto, che in questo caso si violerebbe direttamente al secondo comma dell’art. 32 Cost. che afferma “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Parimenti si contravviene ai limiti del rispetto della persona umana allorquando addirittura si arriva ad imporre il divieto di lavorare senza alcun indennizzo al soggetto che si vorrebbe vaccinato. Un ricatto vero e proprio che non può trovare quartiere nel nostro ordinamento e che minando la stessa sopravvivenza di chi lo subisce (se non si lavora non si mangia…) risulta certamente e clamorosamente lesivo della dignità umana.

Tra l’altro impedire ad una persona di lavorare per la scelta di non vaccinarsi con un farmaco in via di sperimentazione introduce anche una discriminazione basata sulle opinioni e su una condizione personale non consentita anche ex art. 3 Cost.

Ma torniamo alla sentenza della Corte Costituzionale citata. L’obbligo considerato legittimo con la stessa riguardava vaccini regolarmente autorizzati e sperimentati su cui la scienza, allo stato dei fatti e fatti salve, come dice la Corte, eventuali successive diverse scoperte dovute a nuove ricerche, non costituivano un pericolo di danni permanenti per chi li riceveva e che effettivamente davano copertura contro le malattie per cui erano utilizzati.

In sostanza la pronuncia del 2018 non ha mutato alcunché nella materia, infatti non è che la piana conferma del già consolidato orientamento della pronuncia n. 258/1994 dove i limiti all’imposizione di un trattamento sanitario obbligatorio erano analogamente fissati con particolare riferimento al fatto “che la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiono normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili”.

Il caso della gestione del vaccino “anti” covid rappresenta, alla luce di questi principi, una totale follia. Gli eventi avversi direttamente correlabili, anche letali, sono purtroppo pura realtà come evidenziato dal rapporto di farmacovigilanza dell’AIFA ad oggi giunto al sesto aggiornamento (doc. 6).

Specificatamente al 26 giugno 2021 si contano 423 morti post vaccino (cfr. pag. 13 del rapporto) di cui il 2,6% è già ad oggi correlabile all’assunzione del farmaco stesso. Per un 33,6% la correlazione resta indeterminabile ma non esclusa dalla scienza e per un 4,2% inclassificabile. In definitiva quindi solo il 59,6 % delle morti non è certamente correlabile.

Per non parlare delle reazioni avverse che secondo la farmacovigilanza (pag. 11) sono oltre 76.000 di cui 11, 9% gravi con tasso di eventi gravi evversi di 18 ogni 100.000 somministrazioni.

In questo contesto consentire ad un cittadino di scegliere liberamente in base alla sua valutazione personalizzata e libera del rapporto rischi/benefici è la sola scelta compatibile con uno stato di diritto. La scelta opposta fa parte delle barbarie ed è chiaramente incostituzionale.

Pacifico che si impone un trattamento su cui non vi è pressoché alcuna letteratura scientifica consolidata, ma sul quale lo studio è in totale divenire.

L’autorizzazione alla somministrazione di tutti i vaccini anti covid è stata rilasciata in via provvisoria dalle autorità preposte sul fondamento, peraltro falso, che non esistessero altre cure al patogeno.

In realtà si è appurato da tempo che fortunatamente il covid risponde nella stragrande maggioranza dei casi a cure già note ed esistenti a patto ovviamente di non lasciare le persone da sole in vigile attesa aspettando che si aggravino.

Sul punto per semplicità argomentativa ed espositiva si rinvia direttamente alle domande e risposte messe a disposizione dalla Commissione Europea proprio in riferimento all’autorizzazione e all’emissione in commercio condizionata dei vaccini anticovid.

Ivi si legge con chiarezza quanto affermato da questa difesa e si ripercorre l’iter autorizzativo dei citati farmaci (doc. 7).

I vaccini vengono espressamente, e non potrebbe essere altrimenti, definiti sperimentali. Nel documento si specifica ad esempio che la Commissione ha rilasciato, come da sua competenza, l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata del prodotto mRNA Pfizer il 21 dicembre 2020 e per il Moderna il 6 gennaio 2021.

Interessante anche la spiegazione del funzionamento della procedura di autorizzazione in emergenza (prevista dalla direttiva 2001/83 e successive modifiche): “vista l’urgenza dovuta alla pandemia coronavirus, l’EMA ha istituito procedure d’esame accelerate per valutare le domande nel più breve tempo possibile… la chiave di volta per accelerare il processo è costituita da “revisione cicliche”, che consentono ad EMA, in caso di emergenza sanitaria, di cominciare a valutare i dati relativi a medicinali o vaccini promettenti non appena vengono resi disponibili, anziché attendere la fine di tutte le fasi di sperimentazione”.

Dunque se è pur vero che si ribadisce più volte la sicurezza del trattamento anche in questa fase, tale affermazione è completamente apodittica poiché la sperimentazione non è conclusa.

Chiaro che se esiste una procedura ordinaria è perché solo detta procedura consente di avere certezze sulla sicurezza ed efficacia del farmaco. Se si procede con un’autorizzazione provvisoria semplificata, seppur per ragioni che in astratto possono essere comprese, tale sicurezza scientifica non sussiste ed a quel punto è corretto affermare che oggi si obbligano i cittadini, dietro ricatto, a fare da cavie al completamento della sperimentazione e ciò con buona pace del rispetto della dignità umana.

Allo stato della conoscenza medica quindi l’obbligo non è ammissibile per gli stessi argomenti che la Corte Costituzionale evidenziava, in quel caso a favore del trattamento, nella sentenza n. 5/2018.

Si vuole essere anzi ancora più netti ed inequivoci, si deve avere il coraggio di affermare, anche per amore di quella democrazia che è stata vergognosamente vilipesa in epoca di Covid in nome di una patologica paura di un evento certo per tutti come la morte, che se si impone un trattamento sperimentale dietro il ricatto costituito dalla sospensione dal lavoro, e quindi minacciando la stessa sopravvivenza dell’individuo, ci si mette senza alcun dubbio al pari delle azioni compiute dalle peggiori dittature del secolo scorso.

Per non parlare della discriminazione degli individui non vaccinati rilanciata costantemente anche dagli organi di informazione, che parimenti ricorda e riporta alla memoria le ben note persecuzioni razziali proprie delle medesime dittature.

Per portare ulteriori elementi oggettivi a sostegno di quanto specificato si significa che gli stessi “bugiardini” dei vaccini confermano esattamente quanto detto.

Sempre in punto autorizzazione condizionata si legge ad esempio in riferimento al Pfizer (doc. 8) anche sui bugiardini che il medicinale sottoposto a monitoraggio addizionale. In sostanza gli effetti avversi sono valutati giorno per giorno tanto che i bugiardini stessi vengono regolarmente aggiornati dall’AIFA dopo le denunce delle reazioni da parte degli utenti.

Le incertezze sono enormi sia sugli effetti a lungo termine, ovviamente sconosciuti, che su quelli più gravi sui quali il bugiardino ad esempio sempre del vaccino mRNA Pfizer in riferimento alle reazioni allergiche gravi recita: “la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili”.

Si citano in abbondanza e per concludere due esempi recenti e certamente clamorosi di effetti collaterali compresi unicamente nel corso della sperimentazione sulla popolazione che troveranno certamente spazio nei prossimi rapporti di farmacovigilanza.

Astrazeneca è stata ritenuta responsabile di eventi trombotici, anche con effetti letali, con riconoscimento ufficiale avvenuto in data 11 giugno 2021 da EMA (Doc. 9), a cui è seguito il relativo aggiornamento del bugiardino.

Questa vicenda, balzata agli onori delle cronache, è estremamente nota e non fa che confermare ancora di più quanto l’attestazione di sicurezza in presenza di una procedura abbreviata di autorizzazione al commercio del farmaco sia assolutamente apodittica. La sperimentazione non è opzionale, ma è necessaria.

Si deve considerare in ogni caso e dunque anche a prescindere dai già dimostrati eventi avversi, irragionevole, contrario ai diritti inviolabili dell’uomo e contrario alla dignità umana l’imposizione di un trattamento sperimentale con violazione appunto degli artt. 2, 3 e 32 Cost.

Anzi parere di chi scrive è che si trascenda addirittura dalla semplice incostituzionalità: senza dati certi l’obbligo è un’azione spiccatamente criminale da perseguire penalmente.

Ancora il 19 luglio per fare un secondo esempio e ribadire come la situazione sia in costante evoluzione, stavolta in riferimento al vaccino della Pfizer, è stata confermata tra le razioni indesiderate possibile l’insorgenza di miocardite, che già trovava spazio nei report della farmacovigilanza per altri vaccini anti covid (doc. 10).

Ma vi è di più.

Anche l’efficacia del suddetto trattamento pare tutt’altro che dimostrata. I dati preliminari sembrano confermare ovunque che i vaccinati possono contagiare ed essere contagiati facendo così venir meno un altro dei punti fondamentali richiesti per la legittimità di un trattamento sanitario obbligatorio.

Non si ritiene di dover approfondire oltre il tema posto che in ogni caso, lo si ribadisce, questo giudizio è definibile in riferimento alla violazione della stessa procedura del D.L. impositivo dell’obbligo e che l’incostituzionalità della normativa è in ogni caso manifesta alla luce dell’esistenza di un possibile grave pregiudizio per chi la subisce e per la natura sperimentale del trattamento.

Tutto ciò richiamato e premesso, la Sig.ra (…) ut supra rappresentata, difesa e domiciliata

RICORRE

All’Ill.mo Tribunale Civile di Genova, sezione Lavoro, affinché, previe le pronunce e declaratorie tutte del caso, ivi compresa la fissazione dell’udienza di comparizione delle parti e di discussione della causa, Voglia accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Piaccia all’Ill.mo Giudice adito – contrariis reiectis –

-in via principale dichiarare, nullo, illegittimo e/o comunque annullabile il provvedimento di sospensione emesso dal datore di lavoro per le ragioni tutte di cui al ricorso e per l’effetto condannare il suddetto, anche previa disapplicazione degli atti illegittimamente emessi in via prodronomica dal medico competente alla sospensione, al reintegro della dipendente sul luogo di lavoro presso il quale era stata assegnata ed al risarcimento dei danni patiti consistenti nelle retribuzioni di legge dovute dalla data della sospensione fino a quella dell’effettiva reintegra sul lavoro, oltre agli ulteriori emulumenti di legge spettanti, oltre ad ogni ulteriore voce dovuta in forza del CCNL vigente;

-In ogni caso con vittoria di diritti, spese e onorari”.

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 9 della Legge 488/99 e successive sue modificazioni ed integrazioni si dichiara che il valore della presente procedura è indeterminato e che il contributo unificato non è dovuto dalla parte in quanto avente reddito inferiore alla soglia di legge come da autocertificazione che si produce (doc. 11).

Si producono i seguenti documenti:

1) Contratto di lavoro;

2) Certificato inidoneità;

3) Lettera di sospensione dall’attività lavorativa;

4) Pec di contestazione e relativa ricevuta di consegna;

5) Buste paga marzo, aprile, giugno 2021;

6) Rapporto n. 6 di farmacovigilanza;

7) Commissione Europea – domande e risposte;

8) Foglio illustrativo Comirnaty mRNA;

9) Comunicazione EMA 11 giugno 2021;

10) Comunicazione AIFA;

11) Autocertificazione esonero C.U.

Con la massima osservanza.

Rapallo, 20 luglio 2021 Avv. Marco Mori