Siamo ad un nuovo triste capitolo del governo della propaganda giallo-verde. Dopo mesi in cui ci raccontavano che il previsto aumento dell’iva non ci sarebbe stato cominciano ad “indorarci” quella pillola che a breve dovremo in ogni caso mandare giù. Siamo già abituati a frasi d’effetto da parte del governo e degli esponenti della maggioranza. Come non dimenticare, al di là di tutti i proclami contro iva e nuove tasse, le incredibili dichiarazioni che abbiamo sentito da questa gente sia in passato che nell’ultimo periodo.
Rammento ad esempio un Claudio Borghi, in versione pre elettorale, che ci ricordava su twitter come si sarebbe dimesso dalla Lega in caso di alleanza del partito con chi non aveva al primo punto programmatico l’uscita dall’euro e che successivamente “bloccava” prontamente il sottoscritto che gli dava già allora per scontato ciò che poi sarebbe effettivamente avvenuto, ovvero che la Lega stessa avrebbe abbandonato il no euro. Gli fa certamente eco Alberto Bagnai che una volta prendeva letteralmente ad insulti chi parlava di cambiare l’Europa dall’interno e che oggi si è trasformato in un sostenitore, poco convinto e poco efficace, di tale delirante posizione. L’Europa purtroppo presto cambierà, ma solo nel senso voluto dal potere economico, ovvero con nuove, radicali e definitive cessioni di quote di sovranità nazionale da parte di tutti i Paesi membri.
Abbiamo in questi mesi ammirato Salvini mentre, tra un pranzo ed una colazione, cestinava le magliette “basta euro” e poi dirci che lui non vuole in alcun modo lasciare il condominio Europa. Il cinque stelle ha mandato direttamente al macero le firme raccolte per il referendum sull’euro, abbracciando anch’esso l’ultra europeismo. Salvini peraltro quanto a trasformismo è noto all’ufficio, lo ricordo ancora quando intonava vili cori ai danni dei meridionali, e l’indipendenza della padania. Non vi metto i link perché fanno troppo ribrezzo…
Come non parlare poi delle sue dichiarazioni più recenti, quando prometteva la riduzione delle accise sui carburanti, o di quella del capo gruppo della Lega alla Camera che ha addirittura annunciato il sì del partito ad ulteriori cessioni di sovranità (clicca qui per vedere il video). Una perla indelebile nella storia della propaganda è stato poi l’attacco di Salvini e Di Maio a Sergio Mattarella, attacco che come vi ricorderete avvenne ai tempi della nomina del Ministro, comunque ultraliberista ed europeista, Paolo “Aspen” Savona. Entrambi allora parlarono di messa in stato d’accusa del Presidente, azione per inciso sacrosanta se davvero il Presidente avesse messo paletti sui nomi dei Ministri. Oggi al contrario entrambi si lanciano in elogi di Mattarella, non ultimo un Di Maio che afferma addirittura che “per fortuna che abbiamo Mattarella” (clicca qui).
A proposito di Di Maio, era sempre lui che disse “chi non vuole la revoca delle concessioni di Autostrade s.p.a. dovrà passare sul mio cadavere” (clicca qui). Fortunatamente Di Maio è ancora vivo, ma della revoca nemmeno l’ombra, anzi Atlantia S.p.a., azionista di maggioranza di Autostrade, sembra in corsa anche per Alitalia. Tutto questo è davvero rivoltante.
Ma veniamo al tema del post. La bordata di Conte sull’iva fa male, anzi malissimo, in campagna elettorale e va in contrasto con le dichiarazioni di Salvini e Di Maio, che tuttavia, come avete visto nella pregressa panoramica, sono abituati a capriole anche più clamorose. Il punto centrale è che Conte non ha detto altro che la verità, l’aumento non è evitabile se l’Italia insiste con l’idea di non riscattare la propria sovranità monetaria. Conte propone soluzioni alternative assolutamente risibili e che sono addirittura recessive quanto l’aumento stesso dell’iva. Il taglio alla spesa ad esempio.
La spesa è PIL, anzi la spesa pubblica è la componente principale del PIL visto che poi influenza anche le altre voci che lo compongono. Tagliare la spesa significa tagliare il PIL e per ogni euro di spesa tagliata il PIL cala in misura ben superiore ad uno. Tagliando la spesa dei 23 miliardi che sembra manchino per sterilizzare l’aumento iva (anche se dato l’andamento dei conti ormai saranno anche di più) il PIL scenderà, è facile prevederlo, di almeno 30/35 miliardi. In sostanza se il governo agisse in questo modo la manovra di consolidamento dei conti attraverso la tassazione dovrebbe diventare ancora più massiccia.
La seconda soluzione di Conte è la sempre verde, ma davvero stucchevole, lotta all’evasione. Azione che per inciso non porta alcun beneficio di cassa reale per lo Stato. Se ad esempio ho un sommerso stimato di 100 miliardi nell’economia reale, anche se recuperassi tale evaso, avrei come conseguenza diretta ed immediata meramente la sottrazione di tale somma dall’economia stessa. La lotta all’evasione non moltiplica pani e pesci, è un insulto all’intelligenza dire il contrario, la moneta in circolazione è solo quella creata, né più, né meno. Se poi rispendessi i 100 miliardi recuperati avrei al massimo la stessa quantità di moneta precedente in circolazione con un effetto macroeconomico sostanzialmente nullo e legato al massimo a logiche redistributive di non certo impatto.
Se invece lo Stato trattenesse in cassa, al contrario di rispendere, quanto recuperato dall’evasione, che è proprio ciò che rivendica Conte, con particolare riferimento quantomeno all’importo necessario a sterilizzare l’aumento dell’iva, l’impatto di tale azione sarebbe solo ed unicamente recessivo ed indi ulteriormente peggiorativo dei conti pubblici. Per comodità vi rimando ad un mio vecchio post sul tema per un ulteriore approfondimento di tale semplice affermazione, che tuttavia in tempi dove l’ignoranza viene esaltata e spacciata per competenza (vedi la stima mediatica di cui gode ad esempio un Cottarelli), risulta fortemente contro intuitiva. Clicca qui per l’articolo.
Insomma non abbiamo speranza, l’iva si può sterilizzare solo immettendo la moneta necessaria nell’economia, azione che per incanto avrebbe un effetto moltiplicatore sul PIL. Il problema è che per immettere moneta serve sovranità, ed eccoci tornati alla precondizione per salvare il Paese. Nonostante le balle degli ex no euro al governo, balle che suonano patetiche a chi ha anche solo un minimo di competenza tecnica sul tema, la precondizione per sfidare Bruxelles passa sempre e comunque da uno Stato che deve tornare a disporre di una sua moneta che può creare dal nulla. Di un Stato che in sintesi torna ad essere normale, torna ad essere se stesso e dunque nel possesso di tutte le sue prerogative.
Se il governo avesse un minimo di buona fede in questi mesi avrebbe fatto almeno qualcosa in questa direzione. Ad esempio degli annunciati minibot, seppur essi siano vietati dai trattati ed avrebbero implicato uno scontro violento con Bruxelles, nemmeno l’ombra. Tantomeno si è fatto ciò che i trattati invece consentono, come creare banche pubbliche con cui finanziarsi a tassi di interesse più contenuti e con cui finanziare il settore privato, così limitando anche il ricatto dello spread che in questi giorni sfiora nuovamente i 300 punti. Se ci fosse davvero una strategia la recente riforma Costituzionale conterebbe l’eliminazione del pareggio in bilancio e non il taglio dei parlamentari, azione che implica meno una minor rappresentatività ed in definitiva meno democrazia. Laddove Renzi fu fermato proseguono questi. Se ci fosse una strategia la stessa legge di attuazione del pareggio in bilancio, quella scritta da Giorgetti che ci vieta espressamente di finanziarci sovranamente, sarebbe stata abrogata o quantomeno riformata. Anche nell’economia reale si noterebbe l’esistenza di questa benedetta strategia, se essa esistesse. Assisteremo infatti ad un governo che difende a spada tratta le imprese strategiche di interesse nazionale, che invece continuiamo a cedere allo straniero giorno dopo giorno, facendo addirittura accordi di libero scambio con la Cina. Rammento che senza più industrie e produzione, dipendendo per tutto dall’estero, l’exit diventerà sostanzialmente impossibile. L’indipendenza economica nei settori chiave è condizione indispensabile per uno Stato che voglia essere davvero sovrano.
Come non parlare poi delle decisioni che l’Italia ha appoggiato al Consiglio Europeo, ovvero nell’unico organo con potere di revisione dei trattati. Ma in tale sede, alla presenza dei capi di stato dell’Unione, si è scelto il più Europa: fondo monetario europeo, unione bancaria (la cui nuova tappa è addirittura di ieri – clicca qui per un articolo sul tema), rafforzamento dell’unione economica e monetaria, unione politica. Ovvero si è tracciata una prima “road map” verso gli Stati Uniti d’Europa, termine che dal prossimo autunno sentirete di continuo in tutte le sedi.
Lo scenario di breve periodo più probabile a questo punto sarà una corsa a smarcarsi dal ruolo di governo da parte di Lega e Cinque Stelle. Nei prossimi mesi cercheranno, come già hanno cominciato a fare, di darsi la colpa l’un l’altro per la catastrofe che sarà. Questo scenario di crisi diverrà perfetto per portare l’Italia ad accettare gli Stati Uniti d’Europa e dunque barattare la fine dell’austerità con la fine della Repubblica, tutto come da programma purtroppo, tutto come ho scritto nel mio ultimo libro: “La morte della Repubblica”, edito Altaforte.
Per fermare questo epilogo non resta che votare per CasaPound Italia il 26 maggio e consentirci così di avere la visibilità necessaria a spiegare agli italiani perché la scelta è solo tra italexit e schiavitù. Se avremo spazi mediatici potremmo davvero cominciare a costruire quel consenso che è essenziale per l’italexit. Consenso che va costruito dunque sul tema dei temi e non cooptando l’elettore con altre distrazioni, come fanno Lega e M5S.
Avv. Marco Mori – Candidato in tutto il nord Italia con CasaPound Italia alle elezioni europee del 26 maggio.
Seguo con stima ed interesse le sue argomentazioni ma non posso non fare una riflessione. Qualsiasi programma di qualsiasi compagine politica che vada al potere tende ad appiattirsi alla stessa linea “europea”. Avranno questi signori argomentazioni molto molto persuasive e inconfessate! Se così fosse come fare ad attuare il programma di CasaPound ?