Le agenzie di stampa hanno oggi battuto una notizia che conferma ancora una volta l’ingerenza UE nelle scelte politiche degli Stati che ne sono sfortunatamente e colpevolmente membri.
Il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, in conferenza stampa a Parigi, ha evidenziato come la situazione in Italia rappresenti uno dei “rischi politici” all’orizzonte in Europa. E’ consueto ormai il fastidio delle istituzioni europee allorquando i popoli vanno a votare. Malgrado il controllo quasi integrale del potere finanziario sulla politica, temono comunque che qualcosa possa sfuggirgli di mano.
Moscovici in particolare ha dichiarato: “L’Italia si prepara ad elezioni il cui esito è quanto mai indeciso. Quale maggioranza uscirà dal voto? Quale programma, quale impegno europeo? In un contesto in cui la situazione economica dell’Italia non è certamente la migliore al livello europeo, felice chi potrà dirlo”.
Si da dunque per scontato che le forze politiche debbano in ogni caso dichiararsi ab origine prone a Bruxelles, cosa che in effetti abbiamo visto verificarsi con l’avanzare di posizioni “battipugniste” in luogo a dichiarazioni di intenti euro-exit. Posizione che permane unicamente in Casa Pound tra le forze che hanno concrete possibilità di entrare in Parlamento a marzo.
Moscovici ha poi proseguito con un altro passaggio estremamente interessante, ovvero: “i partiti illiberali, razzisti, estremisti, vanno combattuti sul piano politico. Siamo delle democrazie, bisogna lasciare i popoli votare“. A parte l’idea di un voto come concessione (ecco l’unico totalitarismo oggi davvero esistente e pericoloso), non può essere sfuggito agli osservatori più attenti che il pericolo numero uno per il commissario sia votare un partito “illiberale”, ovvero un partito che si ponga in antitesi con la folle ideologia liberista, quella che vieta, tanto per intenderci, l’intervento degli Stati come organizzatori o anche solo come meri coordinatori e controllori dell’attività economica. Qui sta il nocciolo della questione.
Ovvero il nemico da abbattere per mettere fine alla crisi e alla distruzione di diritti è proprio il liberismo. Il perché è facile da spiegare, senza l’intervento dello Stato in economia un privato vincerà sugli altri e alla fine accentrerà su di sé ogni ricchezza, detenendo così conseguentemente anche il potere politico. Problemi noti di un sistema privo di Stato che infatti nella nostra Costituzione erano stati risolti mettendo al bando ogni attività economica in contrasto con l’utilità sociale, (art. 41), sancendo la funzione sociale della proprietà al fine di renderla accessibile a tutti (Art. 42) e prevedendo che lo Stato potesse riservare a titolo originario o a mezzo esproprio settori produttivi di interesse nazionale (art. 43). Il problema dunque di un servitore delle multinazionali come Moscovici è garantire che lo Stato non si azzardi a redistribuire la ricchezza (e dunque il potere), che oggi si trova nelle mani di pochi, ovvero coloro che hanno messo lì Moscovici.
Moscovici ha poi aggiunto un altro concetto altrettanto importante ovvero ha spiegato che “è difficile immaginare quale coalizione uscirà dal voto, con quali ambizioni europee, anche se con l’approssimarsi delle elezioni tutti i partiti rivedono il loro posizionamento rispetto all’euro“. Avete capito bene, è felice che la posizione euro exit sia stata abbandonata, infatti ogni partito dentro l’euro è obbligato, pena l’immediata chiusura dei rubinetti della liquidità necessari al funzionamento dello Stato e dell’economia tutta, a rispettare le regole UE e proseguire nell’attuazione dell’agenda liberista.
Sul punto infatti Moscovici ha anche ricordato che la proposta di Luigi Di Maio (ma anche del centro destra in realtà) di sfondare il tetto del 3% nel rapporto tra deficit e Pil “è un controsenso assoluto”. “Sul piano economico – ha aggiunto – questa riflessione non è pertinente: il tetto del 3% ha un senso molto preciso, quello di evitare che il debito non slitti ulteriormente. Ridurre il deficit – ha martellato il responsabile Ue – significa combattere il debito e combattere il debito significa rilanciare la crescita”. Ridurre il deficit significa invece ridurre la moneta circolante, ridurre i risparmi e quindi obbligarci, attraverso l’apnea economica che ne consegue matematicamente, a cedere sovranità. D’altronde gli Stati Uniti d’Europa sono in agenda entro i prossimi cinque anni.
Peraltro come detto senza lasciare l’euro è impossibile tecnicamente sforare i parametri UE visto che la reazione di Bruxelles sarebbe violenta ed immediata. Suonano dunque vuote le parole di Salvini in risposta a Moscovici che ha detto: “Inaccettabile intrusione di un burocrate europeo nelle elezioni italiane. Le politiche di immigrazione incontrollata e di sacrifici economici imposte dall’Europa sono state un disastro e verranno respinte dal libero voto degli italiani, i burocrati di Bruxelles stiano tranquilli”.
Respinte dal voto… già anche in Grecia hanno respinto l’austerità con il voto. Ma è inutile finché l’esercito del nemico, l’euro, è ancora nel nostro territorio. L’uscita unilaterale e fulminea dall’euro, con un piano industriale e tecnico ben preparato, è il solo modo per mandare a quel paese i burocrati che parlano a nome e per conto delle grandi multinazionali che hanno deciso di imporre il loro dominio.
Il 4 marzo sarà fondamentale votare gli “estremi” antiliberisti o illiberali, per dirla alla Moscovici, e lasciare perdere quel partito unico liberista che la finanza controlla integralmente.
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Avv. Marco Mori, autore de “Il tramonto della democrazia, analisi giuridica della genesi di una dittatura europea” disponibile su ibs.
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Condivido , ma temo che il tempo sia molto ristretti per coinvolgere più persone !