C’era una volta un immigrato regolare di nome Martin che viveva a Rapallo. Svolgeva la professione di cameriere in un noto ristorante della città ed ogni mese inviava metà del suo stipendio, che era di mille euro, alla propria famiglia in Africa. La famiglia di Martin era molto povera e si sosteneva proprio grazie ai soldi che lui li inviava tutti i mesi.
L’Italia già allora era una nazione in crisi economica e quindi i trasferimenti di denaro all’estero impoverivano ulteriormente il Paese che già scontava un calo molto forte dei consumi, tuttavia quanto fatto da Martin era comunque perfettamente lecito secondo la normativa vigente.
Un brutto giorno Martin, dopo aver ricevuto lo stipendio in contanti come tutti i mesi, si recava come di consueto allo sportello per inviare cinquecento euro alla sua famiglia, ma nel tragitto veniva affrontato da un uomo che si parava improvvisamente davanti a lui e minacciandolo gli chiedeva di consegnare immediatamente il denaro che aveva nel portafoglio. Martin, spaventato, dava i mille euro del suo stipendio al rapinatore che fuggiva velocemente facendo perdere le sue tracce.
Il rapinatore era in realtà un Italiano di nome Giorgio, residente nella stessa città. Giorgio era un poco di buono che viveva di espedienti e reati ed era solito passare le giornate in un bar della città ad ubriacarsi.
Giorgio nei giorni seguenti spese tutti i mille euro sottratti a Martin proprio nel bar. La polizia, ricevuta la denuncia di Martin, scovava Giorgio dopo un mese e lo denunciava per la rapina commessa. Giorgio veniva processato e condannato a tre anni di reclusione circa un anno dopo il fatto. Giorgio oggi è in carcere a scontare la sua pena.
Fine della storia.
Ma la morale di questo stupido racconto qual è?
I reati contro il patrimonio sono, economicamente parlando, semplici transazioni. L’effetto del reato è infatti lo spostamento del denaro da un soggetto all’altro.
Quando siamo in presenza di una transazione e dunque di un passaggio di ricchezza tra un soggetto e l’altro cosa conta davvero a livello economico?
La propensione marginale al consumo di chi riceve la somma.
Che cos’è questa propensione? La definizione è semplice: trattasi del rapporto tra l’incremento del consumo e l’incremento del reddito che lo determina.
Misura, in altri termini, qual è l’incremento dei consumi per ogni euro di incremento del reddito.
Detto in modo più semplice ancora individua quanto una persona è disposta a spendere in funzione del proprio reddito.
A prescindere dalla ragione della transazione, lecita o illecita, ciò che conta per l’economia è quanti soldi saranno poi spesi nuovamente in consumi anziché accantonati nei risparmi o, come nel caso di Martin, inviati all’estero.
Dunque una transazione, sia lecita che illecita, a prima vista non può essere considerata né economicamente favorevole, né sfavorevole.
Se la propensione al consumo di un reo è maggiore di quella di un onesto cittadino, il trasferimento di denaro al reo paradossalmente diventa economicamente vantaggioso per la collettività.
Tutto questo non giustifica il reo, che va punito a prescindere per la banale ragione che in una società normale l’etica viene prima dell’economia e dunque grazie al cielo ciò che è lecito o meno non viene individuato sulla base degli effetti economici.
Tuttavia questa narrazione ci fa capire che dobbiamo smetterla di berci le balle di regime sui danni che i reati causano all’economia per poi utilizzarli come giustificazione per le criminali politiche di austerità, perché qualcuno si sarebbe “mangiato” i soldi.
I reati contro il patrimonio sono semplici passaggi di denaro e come tali non smaterializzano la moneta esistente, nessuno si mangia nulla. Tutti i soldi che abbiamo nel portafoglio sono statisticamente passati di mano in mano, anche più volte, per “onorare” anche transazioni illecite. Eppure esistono ancora, e con essi ci paghiamo addirittura le tasse. Nell’esempio del racconto il frutto della rapina a Martin ha generato anche un gettito erariale altrimenti inesistente perché il denaro non sarebbe arrivato al barista, che poi non ci avrebbe pagato sopra le tasse.
Chi vi dice che il reato X costa al Paese un certo numero di denaro, come se appunto i soldi sparissero nel nulla, vi dice dunque una fesseria colossale.
È desolante che talvolta sia la stessa Corte dei Conti a metterla stupidamente su questo piano, inducendo la diffusione di ancor maggiore ignoranza nella popolazione.
Chi racconta queste cose dovrebbe indossare un cappello con le orecchie d’asino ed andare dietro la lavagna. La demonizzazione di specifici reati contro il patrimonio è stata voluta perché propedeutica agli interessi delle oligarchie finanziarie, in primis quello di smantellare gli Stati che, con le loro regole, ostacolano il loro potere.
Ecco perché si parla sempre del danno erariale da corruzione ed evasione… casualmente non si parla mai del danno erariale da truffe, rapine, estorsioni, traffico di droga ecc. Reati che per quantità di denaro spostato (non sparito nel buco nero!) superano di gran lunga gli altri….
Invece, secondo i media, va tutto bene quando una nostra azienda delocalizza oppure viene venduta agli stranieri, certificando così l’allontanamento dal nostro Paese dei profitti che essa generava. E ciò a prescindere dal fatto che chi compra i suoi prodotti abbia guadagnato i suoi soldi onestamente o abbia preso una bella mazzetta cinque minuti prima.
Se non l’avete capita stavolta ci rinuncio!
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Avv. Marco a Mori – Riscossa Italia, autore de “Il tramonto della democrazia, analisi giuridica della genesi di una dittatura europea” disponibile on line su ibs