Matteo Camiciottoli, questo è il nome di un Sindaco a cui tutti gli italiani dovrebbero gratitudine.
Fin dal 2012 il Comune che amministra, Pontinvrea, combatte contro le illegittime imposte sulle nostre case e lo fa attivamente. Con lui abbiamo intrapreso una causa civile nanti al Tribunale di Genova che ha l’obiettivo unico di cancellare dal nostro ordinamento le imposte sulla casa facendole dichiarare illegittime per manifesta violazione degli artt. 2, 3, 43, 47 e 53 Cost. La prima udienza si svolgerà a Marzo. Anche l’associazione Salviamo gli Italiani sostiene tale battaglia.
Specificatamente la causa è stata iniziata da un cittadino Rapallese patrocinato dagli Avv.ti Laura Muzio e Gabriela Musu che ha convenuto in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero degli Interni per far accertare la lesione dei proprie diritti Costituzionali ed ottenere il conseguente risarcimento del danno patito. La storia di questo cittadino è davvero emblematica, ecco l’atto di citazione:
TRIBUNALE CIVILE DI GENOVA
ATTO DI CITAZIONE
Nell’interesse del Sig. A.A. (omissis…) ed ai fini del presente atto, rappresentato e difeso giusta delega a margine del presente atto in via tra loro anche disgiunta dagli Avv.ti Laura Muzio ( C.F.: MZU LRA 79E44 C621P – Tel. e Fax: 0185.23122 – Pec: studiolegalemarcomori@pec.it) e Gabriela Musu (C.F.: MSU GRL 74L41 D969B – Pec: studiolegalegabrielamusu@pec.it) presso la cui persona ed il cui studio sito in Chiavari (GE), C.so Dante 76 b/10, elegge domicilio
PREMESSO CHE
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L’art. 2 Cost. dispone: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”;
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L’art. 42 Cost. recita: “La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”;
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L’art. 47 Cost. dispone: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’acceso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del paese”;
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L’art. 53 Cost. dispone: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”;
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L’esponente agisce nanti l’autorità giudiziaria per l’accertamento della lesione dei suesposti diritti costituzionalmente tutelati, lesione che si è verificata con l’istituzione nel nostro ordinamento di gravose imposte sulla casa, compresa la “prima casa” ed il conseguente risarcimento del danno non patrimoniale;
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Nonostante il ruolo centrale della casa per l’essere umano e la conseguente protezione costituzionale ad essa riconosciuta, lo Stato italiano, negli ultimi tempi ha dato corso ad una massiccia politica di tassazione di tale bene e ciò su spinta diretta dell’Unione Europea e ciò sul presupposto di una falsa emergenza nei conti pubblici italiani di cui si argomenterà nel proseguo del processo, qualora ritenuto rilevante ai fini della vertenza che ci occupa (si cita sin d’ora, per avere un quadro d’insieme, la lettura di Euro e/o democrazia costituzionale – del Presidente della V Sez. del Consiglio di Stato – Luciano Barra Caracciolo – Ed. Dike, 2013);
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L’incremento della tassazione sulla casa è stato sostanzialmente esponenziale:
–dal 1974 al 1992, ovvero dall’abrogazione della cd. imposta di famiglia, in Italia non vi erano imposte sulla proprietà della casa e dunque la Costituzione veniva formalmente e sostanzialmente rispettata;
-con il Governo Amato, sul presupposto di un’emergenza economica largamente pretestuosa che scaturiva in realtà da scelte scellerate di politica monetaria (cfr. al cd. “divorzio” tra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro del 1981), nasceva l’ISI (Imposta straordinaria sugli immobili) che poi diverrà, con il decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 504, la tristemente nota (ed affatto straordinaria) ICI. Detto tributo veniva poi abolito, unicamente per ciò che concerne la prima casa, dal Governo Berlusconi nell’anno 2008;
-Il Governo Berlusconi, tuttavia, con il decreto legislativo n. 23/2011, sulla spinta di fortissime pressioni provenienti dall’UE a seguito della crisi dello spread (anch’esso atto non casuale), introduceva l’imposta municipale propria disponendone la vigenza dal 2014;
-Il successivo Governo Monti, con il decreto legge n. 201/2011, ironicamente chiamato “Salva Italia”, poi convertito con legge n. 214/2011, introduceva l’IMU (Imposta Municipale Unica) così, di fatto, anticipando l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 23/2011;
Con tale imposta, nel solo anno 2012, è stata drenata dalle tasche degli italiani l’iperbolica somma di 23,7 miliardi.
–Il Governo Letta ha introdotto, con la legge di stabilità 2013, una diversa imposta sulla casa che va a sostituirsi alla precedente chiamata complessivamente IUC (Imposta Unica Comunale composta da Imu, Tasi, Tari) aumentando ulteriormente il carico fiscale sulla casa degli italiani, tradizionale bene rifugio del risparmio privato (tutelato ex art. 47 Cost.);
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Pare doveroso e necessario ripercorrere la storia dell’esponente che rappresenta l’esempio più concreto e lampante di quanto i diritti costituzionali dello stesso siano stati nel concreto ampiamente disattivati;
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Il Sig. A.A. fino alla fine del 2011 viveva, con la moglie C.C., a Rapallo (GE), …….. (Doc. 1);
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Purtroppo ad inizio 2010 il fratello dell’esponente, il Sig. B.A., nato…………, vedeva il suo quadro di salute deteriorarsi a causa di una grave forma di (omissis…) Il Sig. B.A. era proprietario di unità immobiliare sita in ……….. (SV) dove viveva da solo stante la separazione della moglie (omissis…) (Doc. 2-3);
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Il Sig. B.A. si trasferiva a Rapallo per essere meglio accudito dai familiari, inizialmente vivendo assieme alla madre, la Sig.ra D.D., residente in Rapallo, ……………. (Doc. 4-5). Ivi entrambi erano vicini all’esponente che come detto risiedeva al civ. ….. dello stesso stabile;
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Dopo soli due mesi dal trasferimento di B.A. a Rapallo si verificava una strabiliante occasione, ovvero la disponibilità sul mercato immobiliare, di un appartamento libero in vendita proprio sotto la residenza del Sig. A.A. ovvero l’interno ……… del civico ………;
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I due fratelli decidevano pertanto di porre in essere un’operazione commerciale che non aveva alcuna apparente controindicazione. Ipotecare l’immobile di ………(SV) al fine di avere la somma necessaria per comprare il piccolo appartamento a Rapallo (GE) dove avrebbe potuto continuare a godere del supporto del fratello pur vivendo da solo. Il valore dell’immobile di ………. (SV) era, ed è, decisamente superiore a quello di Rapallo;
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A tal fine veniva stipulato con la Banca ……… un contratto di fido garantito da ipoteca sull’immobile di ……… (SV) per l’importo complessivo di € ……. (Doc. 6);
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il Sig. A.A. e la moglie acquistavano il predetto immobile in Rapallo proprio utilizzando tale scoperto di conto (doc. 7). Il Sig. B.A. si trasferiva immediatamente nel predetto immobile;
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Tale unità immobiliare veniva intestata direttamente al Sig. A.A. ed alla moglie e ciò in quanto, vista la malattia del Sig. B.A., si sarebbe evitato un domani di dover procedere a mettere in successione il bene di cui A.A sarebbe diventato l’unico erede con duplicazione delle relative, gravosissime, imposte;
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In data ………. A.A., forse anche perché provato dalla difficile situazione familiare, purtroppo veniva colto da infarto (Doc. 8);
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Ad ogni buon conto i fratelli non avevano fatto i conti con quella che, dopo poco, sarebbe diventata la scellerata politica di tassazione sulla casa posta in essere dal fallimentare Governo Monti. L’impennata di imposte sugli immobili del 2011 ha infatti causato il conseguente crollo del mercato immobiliare e le sicurezze dell’esponente circa la bontà dell’operazione sono ben presto miseramente crollate;
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L’immobile di …….(SV) è diventato invendibile per una cifra sufficiente a ripianare lo scoperto di conto necessario all’acquisto inoltre, nel frattempo, le condizioni di B.A. andavano rapidamente peggiorando;
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In data 22.06.2011 veniva a mancare la madre dei fratelli lasciando quali unici eredi i figli di una piccola unità immobiliare sita in ………. (VC);
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Solo pochi mesi dopo, in data ……….. veniva a mancare anche il Sig. B.A. lasciando quale unico erede il fratello Sig. A.A. (omissis…) (Doc. 9-10);
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La morte dei cari costituiva una vera tragedia per il Sig. A.A. e ciò, non solo per la sofferenza morale dovuta alla scomparsa dei congiunti, ma anche per la totale assenza di umanità nella legislazione nazionale che pretendeva immediatamente da esso la corresponsione di imposte indirette per somme di cui non disponeva;
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Il Sig. A.A. infatti non aveva, come non ha ad oggi, una capacità contributiva sufficiente a corrispondere, sia le imposte ipotecarie e catastali che infatti non ha versato, sia le imposte sulla casa, ovvero IMU e TASI come da conteggio che si produce (Doc. 11);
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Non avendo alcuna disponibilità liquida e non riuscendo a vendere l’immobile di ……. (SV) il Sig. A.A. non era in grado nemmeno di presentare la dichiarazione di successione e pertanto veniva pesantemente sanzionato dall’Agenzia delle Entrate che ovviamente, applicando unicamente la legge, nulla rilevava circa l’assenza di capacità contributiva dell’esponente. Detto accertamento è stato oggetto di ricorso nanti alla Commissione Tributaria di Genova ove sono proposte sostanzialmente le medesime questioni di rilievo Costituzionale che oggi si sottopongono all’attenzione del Giudice ordinario in riferimento alle imposte indirette ipotecarie e catastali (Doc. 12);
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Rappresenta un pieno diritto dell’esponente richiedere l’accertamento in sede civile dell’incostituzionalità pura della legislazione che impone il pagamento di imposte sulla proprietà della casa, anche in riferimento alla prima casa ed in assenza di qualsivoglia ulteriore considerazione relativa alla capacità contributiva, così ponendosi in totale antitesi all’obbligo giuridico della tutela del risparmio diffuso imposto alla Repubblica e sancito dall’art. 47 Cost.;
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Ad oggi, a quasi tre anni anni della morte del fratello, nessuno si è fatto avanti per l’acquisto dell’unità immobiliare sita in ……. (SV) ed il Sig. A.A. non ha conseguentemente corrisposto le imposte sulla casa (IMU e TASI) sempre per l’elementare ragione che non dispone delle somme sufficienti (Doc. 13);
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Il Sig. A.A. solo per far fronte agli oneri sul fido stipulato con Banca ……. è stato costretto, malgrado l’infarto subito ed il raggiungimento dell’età pensionabile, a trovarsi una nuova occupazione come imprenditore individuale. Insomma l’esponente sta facendo fronte a tutte le proprie possibilità per resistere alla surreale situazione, (omissis…) (Doc. 14-15);
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Dunque oltre al danno la beffa: lo Stato distrugge il valore di mercato degli immobili poiché, in spregio ai dettami costituzionali, approva una tassazione straordinaria sulle case (IMU e TASI) causando così il crollo delle compravendite, ma nello stesso tempo pretende che le predette inique tasse vengano pagate immediatamente ed a prescindere da qualsivoglia reale capacità contributiva costringendo i cittadini a sperare di salvarsi svendendo gli immobili che però rimangono sulle vetrine delle agenzie immobiliari per mesi finché le banche, Equitalia o qualunque altro creditore le manda all’asta a prezzi stracciati;
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Occorre sin d’ora rimarcare che i principi fondamentali della nostra Costituzione ed i diritti inviolabili della persona non sono emendabili o tanto meno comprimibili, tra tali principi e fondamentali vi sono anche quelli tassativamente elencati negli artt. 2, 42, 47 e 53 che ovviamente prevalgono, è davvero superfluo dirlo, su qualsivoglia legge ordinaria;
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L’esponente dunque ritiene, che le Leggi che hanno imposto i tributi suindicati, così come formulate, abbiano leso manifestamente i propri diritti inviolabili, il diritto di proprietà, quello della tutela al risparmio e all’utilizzo dello stesso per l’acquisto dell’abitazione nonché il principio basilare della capacità contributiva;
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La Cassazione con sentenza n. 8878/14 (Doc. 16), in materia della ben nota vicenda dell’incostituzionalità della legge elettorale n. 270/2005 (c.d. porcellum), ha riconosciuto la piena legittimazione attiva, e non si vede come potrebbe argomentarsi diversamente, in capo a coloro che invocano anche il mero accertamento di una lesione di un proprio diritto di rango costituzionale;
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Nel caso di specie sono dunque in gioco diritti costituzionalmente tutelati, diritti cancellati da un palese illecito civile. Trattasi pertanto di un’evidente responsabilità ex art. 2043 c.c. fondata su solide basi normative. Come noto il Ministro proponente leggi assume la responsabilità giuridica dei propri atti ai sensi e per gli effetti dell’art. 89 Cost. Inoltre gli atti che hanno valore legislativo sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei Ministri che ne è direttamente responsabile;
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Pare quasi superfluo sottolineare che il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri stessi, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica con la seguente formula: “Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della nazione” e ciò ai sensi dell’art. 1 Legge n. 400/1988”;
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Conseguentemente o si ritiene tale giuramento un inutile orpello formale oppure si deve ammettere che allo stesso conseguano precise responsabilità giuridiche, la cui violazione è fonte di responsabilità. La sottoscrizione di una legge incostituzionale, come avvenuto nel caso della legge elettorale, da parte del Ministro proponente e da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri, costituiscono fatto illecito ex art. 2043 c.c.;
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Il danno non patrimoniale è risarcibile laddove si è in presenza della lesione di un bene inviolabile previsto e protetto da una norma di rango costituzionale. Innegabile che la lesione dei diritti di rango costituzionale oggetto di causa, seppur oggettivamente di difficile quantificazione, come sempre nei casi di risarcimento del danno non patrimoniale relativo ad un bene immateriale, di cui è piena la casistica giurisprudenziale;
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Desta altresì sconcerto che Mario Monti, primo autore dell’aggravio d’imposta sulle imposte sulla casa abbia rilasciato le seguenti laconiche dichiarazioni: “Bene stiamo guadagnando posizioni migliori in termini di competitività grazie alle riforme strutturali. Stiamo effettivamente distruggendo la domanda interna attraverso il consolidamento fiscale” ed ancora “Io ho una distorsione che riguarda l’Europa ed è una distorsione positiva, anche l’Europa, non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi e di GRAVI crisi per fare passi avanti. I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario. E’ chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini, ad una collettività nazionale possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico di non farle diventa superiore al costo del farle perché c’è una crisi in atto visibile conclamata. Certamente occorrono delle autorità di enforcement(n.d.s. costrizione traducendo in Italiano)rispettate che si facciano rispettare che siano indipendenti e che abbiano risorse e mezzi adeguati oggi abbiamo in Europa troppi Governi che si dicono liberali e che come prima cosa hanno cercato di attenuare la portata la capacità di azione le risorse l’indipendenza delle autorità che si sposano necessariamente al mercato in un’economia anche solo liberale”;
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Non pare pertanto affatto azzardato parlare dunque di un preciso dolo (con possibili riflessi in riferimento agli artt. 241 e ss. c.p.) nell’imposizione di provvedimenti recessivi volti, non già a salvare il paese, ma a creare le condizioni per l’accettazione popolare di cessioni della sovranità nazionale. Tutto ciò avviene partendo dalla volontaria distruzione della domanda interna;
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Il nostro Stato per precisa scelta politica tutela la finanza speculativa subordinando i diritti costituzionali ad essa che restano virtualmente disattivati.
IN DIRITTO
Come detto le imposte sulla casa si pongono in evidente contrasto con alcune norme della nostra Costituzione, esaminiamole più approfonditamente rispetto a quanto già fatto in precedenti articoli.
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A. Violazione dell’art. 2 Cost.: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo” nonché violazione dell’art. 25 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo.
I diritti inviolabili tutelati dalla Costituzione sono ampiamente enunciati all’interno della stessa.
Nello specifico l’art. 2 Cost. rappresenta un generale riferimento alla lunga tradizione storica e filosofica del giusnaturalismo. L’idea base di tale pensiero è che alcuni diritti, sono di portata tanto “naturale”, ovvero radicati nella coscienza umana, che lo Stato non li crea ma unicamente provvede a riconoscerli e difenderli concretamente.
In ambito strettamente normativo occorre precisare sin d’ora che i diritti riconosciuti e difesi in via generale dall’art. 2 Cost. sono chiaramente quelli menzionati nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo adottata il 10 dicembre 1948.
Per ciò che interessa ai fini della presente vertenza si rammenta che l’art. 25 della Dichiarazione dispone in riferimento all’abitazione: “Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari, ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà”.
Orbene davvero sarebbe quasi superfluo andare oltre nella lettura della Costituzione poiché già con il secondo articolo è possibile affermare, senza tema di smentita, che ogni imposta sulla prima casa è certamente e manifestamente contraria ai diritti dell’uomo in quanto l’abitazione costituisce un bene fondamentale che deve essere riconosciuto e protetto dallo Stato.
Tassare l’abitazione dunque equivale a tassare l’aria o l’acqua.
Non si ritiene davvero possibile che chi è chiamato a svolgere funzioni di Governo possa ignorarela Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
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B. Violazione Art. 42 Cost.: “La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”.
Il tenore letterale della norma è chiaro. Non solo la proprietà privata è riconosciuta ma è compito della Repubblica quello di renderla accessibile a tutti i cittadini.
Tassare una proprietà è ovviamente un comportamento in antitesi con la predetta accessibilità.
La casa è un bene indispensabile che viene faticosamente pagato da qualsivoglia cittadino con i frutti del proprio risparmio. Dunque con denaro già soggetto a tassazione diretta.
Viene dunque spontaneo chiedersi che cosa faccia ad oggi lo Stato per rendere la proprietà della casa accessibile a tutti.
La realtà è sotto gli occhi di chiunque: lo Stato non fa assolutamente nulla per rispettare il dettato dell’art. 42 Cost. e dunque rendere la proprietà della prima casa accessibile ad ogni cittadino anzi ostacola e scoraggia l’acquisto della proprietà di un bene immobile con ogni mezzo.
Ogni italiano oggi è consapevole che acquistare una casa comporta un carico fiscale spaventoso e ciò a partire dallo stesso momento dell’acquisto, ove si ha addirittura l’obbligo di sobbarcarsi gravose ed altrettanto illegittime, sotto il profilo costituzionale, imposte di registro ed ipotecarie. Imposte per i quali l’esponente si riserva analoga azione a quella oggi formulata all’esito del giudizio già avanzato in C.T.P.
L’imposizione fiscale sulla casa è tale che la stessa non può neppure essere ancora considerata un valido bene rifugio per il risparmio degli italiani visto che il prezzo degli immobili sta rapidamente crollando.
La casa è diventata per lo Stato il modo migliore per sottrarre ingenti somme ai cittadini.
Nella sostanza, dati gli ingenti importi che sono chiamati a versare i cittadini, si potrebbe parlare di vero e proprio esproprio del diritto di proprietà della casa sostituito di fatto con un mero diritto di superficie.
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C. Violazione art. 47 cost.: “la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme (omissis…) favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione”.
La casa è, senza tema di smentita, il rifugio per eccellenza del risparmio degli Italiani, ecco dunque che proprio l’art. 47 Cost. è la norma principale da esaminare al fine della presente vertenza.
Tutelare il risparmio in tutte le sue forme impone certamente alla Repubblica di fornire la predetta tutela anche quando detto risparmio si è accumulato sotto forma di bene immobile.
Le imposte sulla casa dunque finiscono per erodere progressivamente il risparmio determinando un effetto ulteriore di cui si è già detto, ovvero il crollo dei prezzi degli stessi immobili.
Il mercato immobiliare dall’avvento del Governo Monti in poi è stato letteralmente ma inesorabilmente distrutto e la responsabilità di detta distruzione è a pieno titolo da porsi a carico delle illegittime politiche attuate.
La tutela del risparmio fu oggetto di ampio dibattito anche in seno all’Assemblea Costituente ed ovviamente detta tutela fu direttamente ed inscindibilmente connessa anche al settore immobiliare.
In particolare il 7 maggio 1947 fu proposto in seno alla Costituente addirittura la seguente formulazione dell’art. 47 Cost.: “La Repubblica tutela il risparmio in tutte le sue forme e favorisce l’accesso del risparmio popolare all’investimento reale promuovendo la diffusione della proprietà dell’abitazione”.
Si auspicava fortemente dunque la diffusione della proprietà dell’abitazione che doveva essere incentivata con decisione dallo Stato anche per proteggere i cittadini da forme di svalutazione degli stessi risparmi.
Ciò è peraltro confermato dal secondo comma dell’attuale formulazione dell’art. 47 Cost. dove il diritto alla casa si conferma prepotentemente con l’obbligo, a carico della Repubblica, di favorire “l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione”.
I padri costituenti dunque vollero davvero tutelare il risparmio in tutte le sue forme e vollero favorire un risparmio diffuso.
Oggi è drammatico constatare come i nuovi governi non siano minimamente all’altezza di affrontare dibattiti compiuti su tali livelli giuridici ed economici, limitandosi ad agire come meri esecutori degli interessi della finanza che, pezzo dopo pezzo, si produce in una decisa campagna di rottamazione dei diritti costituzionali dei cittadini.
Peraltro per meglio comprendere quanto ivi si espone è necessario comprendere anche sommariamente il valore giuridico del deficit.
Esiste infatti un solo modo per consentire la stessa creazione del risparmio ed è pacificamente il deficit: definire il ruolo dell’indebitamento annuale pubblico rinvia, con un’urgenza che è ormai divenuta emergenza, alla comprensione della contabilità nazionale, problema che i giuristi della stessa Corte Costituzionale non possono più eludere, proprio perché il deficit, una volta compresa la contabilità nazionale, ha un preciso significato giuridico-costituzionale che lo raccorda ai principi fondamentali inviolabili.
Il deficit pubblico è la risultante di risparmio privato e saldo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti. Deve chiarirsi che se riduco il deficit, riduco il risparmio privato nazionale, salvo si riesca a realizzare un saldo positivo della bilancia dei pagamenti (saldo di importazioni ed esportazioni).
Questa situazione è molto difficile da mantenere e da realizzare come evidenziò Keynes: se riduco il risparmio privato avrò prima, inevitabilmente, ridotto il reddito e l’occupazione e, quindi gli stessi investimenti. In sostanza avrò non solo ridotto immediatamente la crescita, ma spererò di ottenerla poi dalle sole esportazioni basandomi su una riduzione dei costi, cioè dei compensi del lavoro (di ogni tipo), ma senza prospettive di mantenere questa competitività nel lungo periodo per il sacrificio simultaneo di investimenti netti (nuovi impianti) e lordi (manutenzione di quelli esistenti).
Ecco dunque il significato di distruggere la domanda interna con una politica di tassazione feroce.
Se dunque azzero o riduco il deficit, ad esempio proprio secondo il tetto immutabile determinato dai Trattati UE, il possibile risparmio sarà, nella migliore delle ipotesi, concentrato nelle imprese esportatrici e nullo o negativo per tutto il resto della popolazione italiana tra cui proprio l’esponente.
Ecco perché non si può legittimare l’imposizione di gravose imposte sui risparmi dei cittadini ed in particolare sulla casa in nome del problema del deficit. Questo passaggio logico e giuridico non è mai arrivato all’attenzione della Corte Costituzionale.
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D. Violazione art. 53 Cost.: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
Trattasi del cd. principio della capacità contributiva.
Allorquando si parla di tasse ed imposte la norma fondamentale da cui partire è certamente l’art. 53 Cost. Questa è la norma che più di tutte è stata violata durante la storia della nostra Repubblica e ciò sempre sulla base della più volte citata falsa rappresentazione di una ragione di Stato che avrebbe imposto di ometterne il rispetto.
Occorre esaminare i lavori dell’Assemblea Costituente al fine di comprendere profondamente detto articolo onde evidenziarne appieno la portata normativa.
Il 23 maggio 1947 si proseguiva nell’esame degli emendamenti relativi al titolo IV del progetto di Costituzione.
In particolare si dibatteva proprio l’annoso tema della proporzionalità in materia fiscale.
Durante tale assemblea l’On. Salvatore Scoca, noto giurista e vero promotore della proporzionalità fiscale, poneva all’attenzione degli illustri Colleghi il seguente concetto che ivi si trascrive: “Se pensiamo, infatti, che la massima parte del gettito della imposta diretta è dato ancora oggi dalle tre imposte classiche sui terreni, sui fabbricati e sulla ricchezza mobile, che sono a base oggettiva o reale e ad aliquota costante, mentre comparativamente assai scarso è il gettito della complementare sul reddito globale, che è a base personale ed aliquota progressiva, abbiamo la riprova più convincente che lo stesso sistema delle imposte dirette si impernia sulla proporzionalità”.
Ed ancora: “Se poi consideriamo che più dei tributi diretti rendono i tributi indiretti e questi attuano una progressione a rovescio, in quanto, essendo stabiliti prevalentemente sui consumi, gravano maggiormente sulle classi meno abbienti, si vede come in effetti la distribuzione del carico tributario avvenga non già in senso progressivo e neppure in misura proporzionale, ma in senso regressivo. Il che costituisce una grave ingiustizia sociale, che va eliminata, con una meditata e seria riforma tributaria”.
Tale ragionamento è certamente banale ed intuitivo eppure in oggi è completamente dimenticato.
Ancora nella seduta della Costituente, Scoca affermava che: “La regola della progressività deve essere effettivamente operante; e perciò nella primitiva formulazione dell’articolo aggiuntivo da me proposto avevo detto che il concorso di tutti alle spese pubbliche deve avvenire in modo che l’onere tributario complessivo gravante su ciascuno risulti informato al criterio della progressività”.
Il livello del ragionamento giuridico del 1947 era dunque anni luce superiore a quello attuale.
Si aveva ben chiara la manifesta ingiustizia sociale di imposte sui consumi scorrelate da ogni principio di capacità contributiva.
Imposte che finiscono inevitabilmente per gravare sulle classi più deboli della società.
Ma torniamo all’Assemblea Costituente.
Era già ben noto allora che il principio della progressione deve avere qualche forma di limitazione in quanto non si addice alle imposte indirette reali e può trovare solo inadeguata ed indiretta applicazione nelle imposte sui consumi e nelle imposte indirette in generale.
Tuttavia secondo i padri fondatori e lo stesso On. Scoca in particolare “Resta tuttavia fermo che il sistema tributario nel complesso deve essere informato al principio di progressività”.
Dunque, con le ovvie eccezioni del caso, il sistema che era stato concepito nel 1947 ed attuato con la formulazione dell’art. 53 Cost. non rispecchia minimamente le attuali scelte legislative che si pongono in evidente e totale contrasto con esso.
In particolare il semplice esame dei bilanci dello Stato (ad esempio quello di competenza 2013) rende chiarissimo un dato.
Le imposte indirette, quelle non progressive, portano un gettito sostanzialmente analogo a quello delle imposte progressive. Dunque l’intero sistema è incompatibile con il dato Costituzionale anche con l’eccezione meno fiscale che già si enunciava nel 1947. L’intero sistema non si “informa” a criteri di progressività.
Nel 1947 ancora l’On. Scoca infatti affermava: “Lasciandosi guidare da un sano realismo, non si può negare che una Costituzione la quale, come la nostra, si informa a principi di democrazia e solidarietà sociale, debba dare preferenza al principio della progressività”.
Ed ancora con un conteggio approssimativo ma che rende benissimo l’idea circa il tema che stiamo affrontando: “Ho sempre pensato che chi ha dieci mila lire di reddito e ne paga mille allo Stato, con aliquota del 10 per cento, si troverà con 9 mila lire da impiegare per i suoi bisogni privati; mentre chi ne ha centomila, dopo aver pagato l’imposta del 10 per cento in base allastessa aliquota, si troverà con una disponibilità di 90 mila lire. E’ ovvio che per pagare l’imposta il primo contribuente supporta un sacrificio di gran lunga maggiore del secondo, e che sarebbe equo alleggerire l’aggravio del primo e rendere un po’ meno leggero quello del secondo”.
Oggi ci si sente liberi di legiferare ignorando completamente i principi fondamentali dello Stato finendo per colpire scientemente le classi più deboli della società con il riflesso di paralizzare completamente i consumi come nell’assurdo caso del Sig. A.A. .
Sempre in sede di Assemblea Costituente l’On. Meuccio Ruini ben specificò i paletti per il Legislatore in materia tributaria ovvero specificò in quali casi si poteva ipotizzare di dare corso ad un’imposizione fiscale non retta dal principio di progressività: “non tutti i tributi diretti possono essere applicati con criterio di progressività. D’altra parte, se ai singoli tributi indiretti non si addice il metodo della progressività, si può e si deve tener presente complessivamente tale criterio, gravando la mano sui consumi non necessari e di lusso”.
Questa dunque è l’interpretazione autentica tratta dai lavori dell’Assemblea Costituente. La possibilità di applicare le imposte indirette deve essere dunque limitata ai beni non necessari ed a quelli di lusso.
L’imposta sulla casa, pertanto, è illegittima sotto il profilo costituzionale anche in riferimento alla manifesta violazione dell’art. 53 essendo ovviamente un’imposta che colpisce un bene necessario.
I padri costituenti sarebbero dunque inorriditi dalla deriva presa dagli ultimi governi che si sono dimostrati attenti unicamente agli interessi finanziari, che rivendicano l’evaporazione della sovranità nazionale, in spregio ai principi fondamentali caricando sforzi economici insostenibili sulle classi più deboli.
Se si pensa che oggi l’UE chiede proprio ai singoli Stati di spostare la tassazione dai redditi ai consumi ben si comprende quanto sia basso il livello di preparazione economica e giuridica (o di quanto sia alto il livello di malafede?) di chi oggi si eleva all’ambizione di guidare il mondo in un più luminoso futuro.
Tutto quanto premesso, Il Sig. A.A., ut supra rappresentata, domiciliata e difesa
CITA
La Presidenza del Consiglio dei Ministri in persona del Presidente protempore Matteo Renzi, il Ministero dell’Interno in persona del Ministro protempore Angelino Alfano, tutti presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato corrente in Genova, Viale Brigate Partigiane n. 2 a comparire nanti il Tribunale Civile di Genova, per l’udienza del 26 marzo 2015, ore e luoghi di rito, invitando espressamente i convenuti a costituirsi in giudizio ai sensi e nelle forme dell’art. 166 c.p.c. con avvertimento che la tardiva costituzione implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., con riguardo ad eventuali domande riconvenzionali e chiamate di terzo. Con avvertimento che in difetto di costituzione si procederà in sua legittima declaranda contumacia, per ivi sentire accogliere le seguenti
CONCLUSIONI
Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, per le causali di cui in narrativa, accertare che l’esponente ha visto violati i propri diritti costituzionalmente tutelati di cui in narrativa ovvero l’inviolabilità della persona (art. 2 Cost.), la proprietà (art. 42 Cost.), il risparmio in tutte le sue forme (art. 47 Cost.) nonché il principio della capacità contributiva (art. 53 Cost.) e conseguentemente condannare, eventualmente anche in solido tra loro, la Presidenza del Consiglio dei Ministri in persona del presidente protempore, il Ministero dell’Interno in persona del Ministro protempore, tutti presso l’Avvocatura Generale dello Stato corrente in Genova, Viale Brigate Partigiane n. 2 a risarcire il danno non patrimoniale conseguente alla lesione dei diritti di rango costituzionale suindicati ed ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 89 cost., 2043 c.c., 1 L. n. 400/1988 ovvero per le altre norme meglio viste e ritenute, con quantificazione in via anche equitativa o nella misura che sarà determinata in corso di causa secondo il prudente apprezzamento del Giudicante ed in ogni caso non superiore alla somma di € 5.100,00.
In ogni caso con vittoria di spese e competenze professionali.
Con ogni più ampia riserva di ulteriormente dedurre e produrre nei termini concedendi.
(Omissis…).
Chiavari, 10 novembre 2014
Avv. Laura Muzio
Avv. Gabriela Musu
* * * * *
In data 13.12.2014 il Comune di Pontinvrea, in persona del Sindaco protempore Matteo Camiciottoli è intervenuto nella causa suindicata chiedendo che le domande dell’attore siano integralmente accolte. Ecco l’atto depositato.
TRIBUNALE CIVILE DI GENOVA
Comparsa di intervento volontario ex art. 105 C.p.c.
NELL’INTERESSE DEL
Comune di Pontinvrea (SV), corrente in Piazza Indipendenza n. 1 (C.F.: 00248290090) in persona del Sindaco protempore Matteo Camiciottoli, nato a Genova il 4.07.1970, ed ai fini del presente atto elettivamente domiciliato in Rapallo, C.so Mameli 98/4 presso lo studio e la persona dell’Avv. Marco Mori (C.F.: MRO MRC 78P29 H183L, pec: studiolegalemarcomori@pec.it, fax 0185.231221) che lo rappresentato e difeso giusta delega a margine del presente atto rilasciata in forza di delibera comunale n. 32 del 20.10.2014 (Doc. 1)
-interveniente-
Nella causa promossa da:
A.A.
-attore-
Avv. Laura Muzio
Avv. Gabriela Musu
CONTRO
Presidenza del Consiglio dei Ministri
-convenuto-
E CONTRO
Ministero degli Interni
-convenuto-
PREMESSO CHE
-
Con atto di citazione 10 novembre 2014 il Sig. A.A. conveniva in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero degli Interni al fine di far accogliere le seguenti conclusioni: “Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, per le causali di cui in narrativa, accertare che l’esponente ha visto violati i propri diritti costituzionalmente tutelati di cui in narrativa ovvero l’inviolabilità della persona (art. 2 Cost.), la proprietà (art. 42 Cost.), il risparmio in tutte le sue forme (art. 47 Cost.) nonché il principio della capacità contributiva (art. 53 Cost.) e conseguentemente condannare, eventualmente anche in solido tra loro,la Presidenza del Consiglio dei Ministri in persona del presidente protempore, il Ministero dell’Interno in persona del Ministro protempore, tutti presso l’Avvocatura Generale dello Stato corrente in Genova, Viale Brigate Partigiane n. 2 a risarcire il danno non patrimoniale conseguente alla lesione dei diritti di rango costituzionale suindicati ed ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 89 cost., 2043 c.c., 1 L. n. 400/1988 ovvero per le altre norme meglio viste e ritenute, con quantificazione in via anche equitativa o nella misura che sarà determinata in corso di causa secondo il prudente apprezzamento del Giudicante ed in ogni caso non superiore alla somma di € 5.100,00”;
-
Il Comune di Pontinvrea da anni si batte contro le ingiuste ed inique imposte sulla casa, stante il fondamentale valore economico e sociale dell’abitazione. In particolare non applicando alcuna imposizione sulla prima casa;
-
Con delibera del 20.10.2014 n. 32 il consiglio comunale ha conferito mandato all’Avv. Marco Mori al fine di formulare intervento adesivo in vertenza che abbia ad oggetto l’accertamento dell’incostituzionalità delle imposte sulla casa;
-
Il Comune ha ritenuto la tassazione sulla casa lesiva dei diritti dei propri cittadini sanciti nella Costituzione con particolare riferimento agli artt. 2, 3, 42, 47 e 53 Cost.;
-
Il Comune di Pontinvrea, pertanto, quale portatore degli interessi diffusi dei suoi consociati e purtroppo anche quale ente esattore nei confronti di coloro che non versano le illegittime imposte sulla casa, ha uno specifico e diretto interesse a che sia accertata l’incostituzionalità delle stesse ex art. 100 c.p.c. e dunque intervenire a sostegno della domanda del Sig. A.A.;
IN DIRITTO
Si fanno proprie le osservazioni, tutte, dell’attore specificando ulteriormente quanto segue con riferimento agli artt. 53, 47 e 3 Cost.
-In merito alla violazione dell’art. 47 Cost.
A monte della questione, come correttamente evidenziato dall’attore è necessario l’esame e la comprensione del concetto di risparmio ed in particolare di come esso possa essere effettivamente creato e del perché, contrariamente a quanto ci viene raccontato, non esista, ad oggi, alcuna situazione di emergenza che possa, in qualche modo, giustificare l’incostituzionale aggressione al risparmio nazionale.
L’Italia non ha alcun problema di cassa che non sia direttamente dipendente dalla violazione di principi fondamentali dell’ordinamento. Ovvero i problemi di cassa del paese sono autoindotti dalla cessione, illecita, di sovranità monetaria ed economica.
Andiamo con ordine su temi che certamente saranno approfonditi nel proseguo del procedimento.
Tra i principi costituzionali italiani, preannunziato dagli artt. 1, 3 e 4 Cost., c’è ovviamente al vertice la tutela del lavoro: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.
Essa, all’interno della Costituzione, non può che equivalere a politiche pubbliche economiche di “piena occupazione”. E, più precisamente, in combinato con gli artt. 36 e 41 Cost. nella stesa tutela reale dei redditi di tutti quelli che svolgono un lavoro, in qualsiasi forma.
Lo strumento principale di queste politiche pubbliche obbligatoriamente volte alla piena occupazione è necessariamente il c.d. deficit.
Definire il ruolo dell’indebitamento annuale pubblico rinvia, con un’urgenza che è ormai divenuta emergenza, alla comprensione della contabilità nazionale, problema che i giuristi e la stessa Corte Costituzionale non possono più eludere, proprioperché il deficit, ha un preciso significato giuridico-costituzionale che lo raccorda ai predetti principi fondamentali inviolabili di cui l’art. 47 Cost. è piena conferma.
Ed infatti il deficit pubblico è la risultante di risparmio privato e saldo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti. Deve chiarirsi perciò, da subito, che se riduco il deficit, riduco il risparmio privato nazionale, salvo si riesca a realizzare un saldo positivo della bilancia dei pagamenti superiore alla riduzione del risparmio.
Questa simultanea condizione è molto difficile da realizzare e da mantenere come evidenziò Keynes: se riduco il risparmio privato, avrò prima, inevitabilmente, ridotto il reddito e l’occupazione, e, quindi gli stessi investimenti. In sostanza avrò, non solo ridotto immediatamente la crescita, ma spererò di ottenerla poi dalle sole esportazioni basandomi su una riduzione dei costi, cioè dei compensi del lavoro (di ogni tipo), ma senza prospettive di mantenere questa competitività nel lungo periodo per il sacrificiosimultaneo di investimenti netti (nuovi impianti) e lordi (manutenzione di quelli esistenti).
Peraltro il ricorso alle esportazioni ha senso unicamente laddove si sia in presenza di spinte inflazionistiche, laddove invece ci si trova, come l’Italia oggi, in evidente deflazione, non vi è alcuna ragione per non espandere la base monetaria nazionale. In questi casi preferire l’aggressione al risparmio è addirittura demenziale economicamente, ferma restando l’ovvia incostituzionalità per violazione dell’art. 47 Cost.
Ma com’è che il deficit, nella dinamica economica (e costituzionale), si traduce in risparmio?
Nella scelta fatta dalla nostra Costituzione, attraverso il salario (o reddito) indiretto (Sanità pubblica, Servizi pubblici e le relative politiche tariffarie, prestazioni sociali primarie: pubblica istruzione, assicurazioni infortuni, ecc.) e il salario differito (tutta la previdenza pensionistica in senso lato): cioè attraverso l’insieme delle erogazioni pubbliche su cui può contare il cittadinomedio neldecidere, nel corso della sua vita il proprio livello di spesa. Che poi è il ben noto PIL.
Quindi: se taglio il deficit pubblico (con una tassazione ipertrofica), inevitabilmente, taglio il reddito-spesa pubblico-privato in questione, e lo stesso PIL. A parte la predetta insostenibilità di medio-lungo (ormai questa illecita politica economica prosegue dal 1992 con il Trattato di Maastricht ed il protocollo n. 12 ad esso allegato, guarda caso proprio da quando iniziano a prendere piede le imposte sulla casa) periodo sugli indispensabili investimenti, va aggiunto che, quand’anche realizzassi la sperata crescita dell’export, ciò non risulta indifferente su chi realizza il risparmio derivante da questo indirizzo economico: che tra l’altro, nessuno ha mai realizzato con una valuta sopravvalutata come l’Euro, neppure la Germania che deve il sua attivo sulla bilancia dei pagamenti al fatto che per essa l’Euro è un “Marco” sottovalutato.
Se infatti mantengo il deficit-spesa pubblica in misura tale da sostenere la domanda – cosa che in Italia è cessata pacificamente dal dopo Maastricht attraverso una spettacolare serie di saldi primari (ovvero un livello di spesa pubblica inferiore alla tassazione), senza pari nella storia dell’economia moderna, il risparmio corrisponde a tendenziale piena occupazione (cioè si traduce quasi integralmente in investimenti). E questa è la volontà esplicita dei citati artt. 1, 3 e 4 Cost.
Ma la Costituzione vuole anche, con lo strettamente connesso art. 47 Cost., che il risparmio sia diffuso: e ciò per favorire l’accesso popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e all’investimento azionario nei grandi complessi produttivi del paese”, oltreché per favorire la tutela e lo sviluppo dell’impresa artigiana (art. 45, comma 2, Cost.) cioè della PMI correttamente intesa.
Se dunque azzero o riduco il deficit secondo un tetto immutabile determinato da un Trattato, il possibile risparmio sarà, nella migliore delle ipotesi, concentrato nelle imprese esportatrici e nullo o negativo per tutto il resto della popolazione italiana.
Seguendo dunque la politica dettata dall’adesione all’euro, la Costituzione viene integralmente sovvertita(come evidenziò Guido Carli sin dal 1974): non solo abbandonando irreversibilmente la piena occupazione e la tutela dei diritti, ma avrò, per quanto interessa nella presente causa, anche una drastica riduzione dell’accesso alla proprietà dell’abitazione, con crisi del settore edilizio- delle imprese artigiane – con progressiva (e volontaria n.d.s.) distruzione del tessuto delle piccole e medie imprese , e un drammatico diffondersi delle insolvenze – cioè delle “sofferenze” che poi innescano il credit crunch.
Tutto questo la Costituzione non lo permette.
Da questo breve excursus, che sarà approfondito nel proseguo del processo, quindi si evince che la semplice idea di tassare il risparmio in nome di un’asserita falsa emergenza è assolutamente contraria alla nostra Costituzione che impone che la contabilità dello Stato sia in deficit nel lungo periodo al fine di consentire la creazione di un risparmio diffuso altrimenti impossibile.
Al fine di rendere concreto il precetto costituzionale ovviamente, come previsto nello stesso art. 47 Cost., deve essere la Repubblica a “disciplinare, coordinare e controllare il credito” con la necessità di disporre della sovranità economica e monetaria non cedibile a terzi ex art. 1 ed 11 Cost.
Insomma fare deficit non significa arricchire lo speculatore di turno ma decidere sovranamente le proprie politiche, fatto impossibile da Maastricht in poi.
Dunque la tassazione sui risparmi non può trovare alcun fondamento da un ipotetico “ce lo chiede l’Europa” che soccombe necessariamente laddove si appalesi un contrasto con i principi fondamentali e/o i diritti inviolabili dell’uomo come confermato anche dalla recentissima sentenza n. 238/14 della Corte Costituzionale. I principi fondamentali del diritto interno prevalgono sui Trattati internazionali.
Ciò rileva perché la rimessione in Corte Costituzionale delle norme che hanno disposto le imposte sulla casa nel nostro ordinamento dovrà necessariamente tenere conto del concetto giuridico di deficit senza il quale, la Corte, potrebbe essere indotta a cadere nell’equivoco di legittimare la violazione dell’art. 47 Cost. in base alle disposizioni internazionali ed alla conseguente falsa emergenza economica.
Preso atto di tale doverosa precisazione si possono formulare alcune ulteriori osservazioni strettamente correlate al tema centrale di questo giudizio.
In particolare non si vede come sia possibile legittimare un’imposizione sui beni immobili che costituiscono per definizione la principale forma di risparmio dei cittadini italiani e dunque anche di quello dei cittadini di Pontinvrea, che l’esponente intende con forza tutelare intervenendo nella presente causa dati gli effetti erga omnes che avrebbe la declaratoria di incostituzionalità delle imposte sulla casa.
L’imposizione di tasse sui risparmi è la chiara antitesi della tutela del risparmio in tutte le sue forme prevista in Costituzione, l’imposta sulla casa è una tassa sul risparmio.
Questo dunque vale non solo per la prima casa che gode di una tutela rafforzata anche nel secondo comma del citato art. 47 Cost. “Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione”.
Un ulteriore effetto dell’esplosione della tassazione sui beni immobili è stato il conseguente ed evidentissimo crollo dei prezzi di mercato che, come abbiamo visto, ha colpito direttamente lo stesso attore principale.
Ovviamente tutelare il risparmio è un concetto che comprende anche la difesa del valore di mercato degli immobili che ovviamente non si attua con politiche di massiccia tassazione, politiche che hanno provocato un crollo dei prezzi anche superiore al 20%. Circostanza su cui si dibatterà certamente in sede istruttoria.
Per il resto è sufficiente dunque richiamare le calzanti osservazioni della difesa di parte attrice, riservando ogni ulteriore valutazione giuridica al proseguo del processo.
* * *
-In merito alla violazione degli artt. 2, 42 e 53 Cost.
Anche sul punto l’attore ha esposto considerazioni integralmente condivisibili. La normativa di legge non solo crea un’imposta regressiva che colpisce ovviamente maggiormente i poveri rispetto ai ricchi ma altresì non prevede alcuna correlazione concreta con la capacità contributiva dei cittadini.
Se ad esempio, con una vita di sacrifici, un italiano compra un immobile ma poi, sfortunatamente, perde il lavoro, lo Stato pretenderà da esso la corresponsione di imposte nonostante non abbia alcun tipo di reddito, imponendo addirittura ai Comuni il recupero delle somme.
Un Comune dunque non più sovrano, che viene esclusivamente relegato al ruolo di odioso esattore dei propri cittadini.
Insomma si impone un’imposizione gravemente illecita e poi si chiede ai Sindaci di fare il “lavoro sporco”.
A questo “lavoro sporco” Pontinvrea dice un tassativo no!
Come giustamente ha dichiarato l’attore nel proprio atto di citazione assistiamo oggi alla morte del diritto e del pensiero giuridico con buona pace dei padri costituenti.
Si condividono altresì le valutazioni circa l’assoluta necessità per un cittadino di godere di un’abitazione (come previsto anche sulla base dell’art. 2 Cost.) e dunque la prima casa non potrà mai essere sottoposta a tassazione anche in forza di tale ulteriore precetto costituzionale.
Peraltro l’esponente concorda pienamente sul fatto che nessun immobile, anche se di lusso o non necessario (anche seconda, terza, quarta, ecc. abitazione) non possa essere in ogni caso soggetto a tassazione a prescindere dalla capacità contributiva alla luce del fatto che, come abbondantemente precisato, lo stesso risparmio è bene necessariamente tutelato e ciò vale tanto per il risparmio dei più poveri che in quello dei più ricchi.
Ovviamente anche questa difesa vede nel comportamento dello Stato una palese violazione anche del diritto di proprietà complessivamente inteso. Gli importi di Tasi ed Imu sono tanto cospicui da determinare un costo in tributi pari a percentuali rilevanti del valore degli immobili che ne costituiscono la base imponibile.
Ad esempio l’attore, in soli quattro anni, ha accumulato un debito con l’erario a tale titolo addirittura per € 5.936,00.
Ovvero un cifra già pari, secondo le ottimistiche stime dell’Agenzia Entrate circa i valori dei beni dell’attore, a coprire, ad esempio, quasi il 20% del valore dell’immobile sito nel Comune di ……., ciò in soli quattro anni.
In sostanza l’esponente, con l’attuale imposizione, senza considerare l’ulteriore conseguente svalutazione del mercato, in meno di vent’anni pagherebbe all’erario il valore integrale di una delle sue proprietà. Assolutamente senza senso.
Esiste ancora un diritto di proprietà? Esiste ancora una proprietà privata riconosciuta e garantita dalla legge ex art. 42 Cost.?
* * *
-In merito all’art. 3 Cost.
L’attore, nell’atto introduttivo della presente causa, non ha ancora citato l’art. 3 Cost.
Tale norma, come noto, disciplina il principio di eguaglianza e ragionevolezza ed impone alla Repubblica l’obbligo positivo di rimuovere gli ostacoli di ordine politico, economico e sociale che limitano di fatto l’eguaglianza tra i cittadini.
Il carattere regressivo di un’imposizione indiretta sulla casa, dunque che incide maggiormente sui redditi più bassi, è palesemente una violazione del principio di progressività e della capacità contributiva. L’immediato riflesso di tale violazione è la conseguente costituzione di un ostacolo all’eguaglianza economica e sociale tra i cittadini.
Inoltre è ovvio che, anche ai fini fiscali, non è possibile tassare in maniera irragionevolmente disomogenea un bene anziché un altro.
Nella specie peraltro è irragionevole tassare la proprietà di una casa anziché quella di qualsivoglia altro bene mobile, magari anche decisamente superfluo e che dunque non costituisca il rifugio del risparmio nazionale.
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Tutto quanto premesso, il Comune di Pontinvrea, ut supra rappresentata, domiciliata e difesa rassegna a Giustizia le seguenti
CONCLUSIONI
“Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, per le causali di cui in narrativa, previa sospensione del presente giudizio e rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale della legislazione riepilogata nell’atto di citazione di parte attrice e dunque con specifico riferimento alle norme contenute nel D.lgs. n. 23/2011, nella L. 214/11 (a conversione D.L. n. 201/11) e nella Legge di stabilità 2013, che hanno introdotto dapprima l’IMU e poi la IUC (che comprende in essa TASI ed IMU), accogliere integralmente le domande del Sig. A.A. come formulate in atto di citazione 10.11.2014;
In ogni caso con vittoria di spese e competenze professionali”.
Con ogni più ampia riserva di ulteriormente dedurre e produrre nei termini concedendi.
(Omissi…)
Si producono i seguenti documenti:
Doc. 1) Delibera Comune di Pontinvrea;
Con osservanza.
Rapallo, 11 dicembre 2014
Avv. Marco Mori
Coloro che hanno governato il pese negli ultimi trent’anni circa: malgrado il loro giuramento di fedeltà alla REPUBBLICA ITALIANA e alla Costituzione, si sono serviti di quest’ultima peggio che se fosse uno straccio per lavare per terra. Il posto di questi personaggi dovrebbero essere le patrie galere, non le agiate poltrone del parlamento.